Lo Storico Carnevale di Ivrea è una manifestazione, a tutti gli effetti rievocazione storica del passato, che fino in fondo non smette mai di stupire e emozionare. Nonostante la vicinanza, infatti, quest’anno per la prima volta, siamo tornati in città per vedere la chiusura dei festeggiamenti e, increduli e coinvolti, abbiamo sentito anche questa volta il fremito di Eporedia scuoterci le membra durante l’Abbruciamento degli Scarli.
Se non hai mai assistito alla serata di chiusura del carnevale ti consiglio vivamente di farci un pensiero. Sappi che dovrai un po’ seguire gli eventi tra le varie piazze, ma sarai di certo ripagato dalla fatica, ti aspetta una passeggiata fatta da mille sensazioni travolgenti.
La ‘sfilata’ comincia intorno alle otto di sera, ora in cui una lunga e sentita ‘processione’ si avvia a eseguire le cerimonie di abbruciamento degli scarli rionali.
Lo scarlo, considerato l’elemento più antico del carnevale, rievoca le feste medievali organizzate per celebrare la fine dell’inverno e l’inizio della bella stagione.
Esso è un palo rivestito di erica secca e porta, fissato alla cima, un tricolore che viene bruciato al termine della celebrazione in segno rituale.
Abbruciamento degli Scarli
La parata preceduta da Pifferi e Tamburi si sposta così nei rioni San Maurizio, Sant’Ulderico e San Lorenzo per mettere in atto una rappresentazione a cui tutti assistono col fiato sospeso.
Gli Abbà, figure risalenti al 1500, sono impersonate da giovani ragazzini in costume storico. Essi sono due per ognuna delle cinque antiche parrocchie di Ivrea e hanno il compito di appiccare il fuoco allo scarlo della propria parrocchia.
Seguendo i Pifferi e i Tamburi, gli Abbà, a cavallo, reggono un lume e giunti allo scarlo del proprio rione, i due corrispondenti, scendono a terra e, dopo aver fatto due giri intorno ad esso, con la fiamma del lume, provvedono a incendiare le secche frasche.
Uno degli abbruciamenti più sentito è quello del rione di San Salvatore, in Piazza di Città. Qui tutta la popolazione si affolla alla presenza della Mugnaia che, scesa in piazza dal municipio, dove attende in compagnia degli altri personaggi in costume, si erge sul cocchio dorato e innalza la spada in segno di riscatto verso il tiranno.
Il boato della folla è indescrivibile. Pura emozione che pervade ogni angolo della piazza. Le fiamme, simbolo di vitalità e buon augurio, sono considerate un dono del carnevale che si conclude e pare possano anticipare se l’anno a venire sarà prospero o meno in base alla velocità con cui risalgono il palo.
Il Generale, ritto sulle staffe in posa militare, saluta la Mugnaia e la folla, che, al culmine della compartecipazione, inneggia allo scarlo urlando all’unisono: ‘A brusa! A brusa!‘.
L’albero che brucia simboleggia l’incenerimento del passato, ricordando la vittoria popolare e l’incendio del Castellazzo, la libertà conquistata, la morte del vecchio e la nascita del nuovo.
Le fiamme, considerate quindi sacro fuoco purificatore, non offendono la bandiera tricolore che, nonostante venga incenerita, subisce una sorta di rito di sacralità.
Allo spegnersi delle fiamme il corteo si ricostituisce per dirigersi verso l’ultimo scarlo, posto nel Rione di San Grato in Piazza Lamarmora. Qui la folla si raduna osservando gli Abbà e inneggiando al carnevale che in quest’ultima fiamma muore definitivamente, l’abbruciamento degli scarli finisce, ma non è tutto qui.
Mentre i riflessi del fuoco svaniscono il Generale smonta da cavallo e, conducendolo al morso, da avvio alla marcia funebre, un momento infinitamente toccante e quasi impossibile da descrivere.
Oscuri figuri dai lunghi manti neri attendono al ponte sulla Dora reggendo dei tenui lumini, pronti a guidare la folla.
I Pifferi e i Tamburi accompagnando il corteo, eseguendo una pifferata triste, e tutto il seguito in costume storico si accoda a loro per rendere omaggio al Funerale del Carnevale.
Le guardie ripongono le spade nel fodero alla cintura e ne lasciano strisciare la punta sulla strada di porfido producendo un suggestivo brusio. La gente, unita alla celebrazione, indossando per gli ultimi istanti il Berretto Frigio, cammina lentamente in silenzio rimproverando i visitatori, che, incapaci di capire assistendo per la prima volta, si domandano tra loro come mai non si festeggi, con stizziti ‘Shhhhhhhhhh’.
Seguiamo la marcia lungo Corso Palestro fino a Piazza Ottinetti, dove il generale ringrazia i Pifferi e i Tamburi e li congeda simbolicamente. Tutti si salutano con la tradizionale frase ‘Arvédze a giòbia ‘n bot‘ e a questo punto il Generale e lo Stato Maggiore, tutti sotto braccio, cantando la canzone del carnevale, risalgono il centro recandosi di corsa in municipio.
Qui la manifestazione si conclude col saluto del Generale allo Stato Maggiore, vengono deposti i simboli del potere e il Sostituto legge il verbale di chiusura.
Il carnevale a Ivrea termina con l’abbruciamento degli scarli ed è costituto da una serie di cerimonie cariche di significato, vissute dalla popolazione, ma anche dalle più alte cariche della società, con immenso coinvolgimento e trasporto, non solo in questa serata (a mio parere tra i momenti più significativi) ma in ogni ricorrenza a cui abbiamo assistito durante la nostra visita in città.
Questa caratteristica dominante rende l’intero Storico Carnevale di Ivrea una rievocazione davvero unica nel suo genere.
Bellissimo reportage e immagini (la Mugnaia sembrava già un po’ provata dal tour de force..!!).
Seguiremo consiglio per il prossimo anno 🙂
Eh dopo quei giorni di ‘fuoco’ penso non vedesse l’ora di un po’ di riposo! Oppure era l’effetto dei flash… 🙂
Comunque ve lo consiglio davvero, è stato forse il momento più toccante di tutto il carnevale!