La Sardegna è una di quelle regioni uniche, una terra che sa conquistarti e che regala esperienze indimenticabili. Durante il nostro ultimo viaggio in Sardegna siamo andati alla scoperta dei carnevali sardi e qui voglio raccontarti l’itinerario che ci ha fatto scoprire le tradizioni del carnevale dell’isola.
Prima di tutto è giusto sapere che le tradizioni rievocate durante il periodo di carnevale hanno origine ben differente e molto precedente l’origine del carnevale stesso. Sono appunto tradizioni che hanno caratterizzato il passato dell’isola, usanze ancestrali in cui è possibile anche trovare risvolti legati alla mitologia, oppure al codice cavalleresco.
Insomma, i carnevali sardi sono una vera e propria avventura tra i secoli, un’esperienza che costituisce un ponte tra il fascino delle storie del passato e l’allegoria del folklore presente.
Le manifestazioni più caratteristiche si trovano nella Sardegna centrale, tra le provincie di Oristano e di Nuoro, e l’aeroporto più comodo per arrivare in questa zona della Sardegna è quello di Alghero. Inoltre un volo per Alghero è spesso reperibile tra le offerte low cost, in modo da contenere il budget del viaggio.
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Viaggio in Sardegna alla scoperta dei carnevali sardi
Dopo il nostro arrivo ad Alghero abbiamo dedicato un paio di giorni alla scoperta di questa piacevole cittadina costiera e ci siamo resi conto che, nonostante fossimo fuori stagione, Alghero ha davvero molto da offrire. Oltre al grazioso centro storico e il lungo mare, a poca distanza dalla città si trovano località naturali e paesaggistiche meravigliose, come Capocaccia o le Grotte di Nettuno.
Dopo esserci ambientati al clima mite dell’inverno sardo, abbiamo deciso di spostarci per entrare nel pieno della nostra avventura. La prima tappa del nostro itinerario è stata Bosa, paese in provincia di Oristano che sorge alla foce del fiume Temo, uno dei principali corsi d’acqua della Sardegna.
Il Carrasegare ‘Osincu
Abbiamo scoperto a spese nostre che il Carnevale di Bosa, chiamato dai locals Carrasegare ‘Osincu, non è un evento che si possa vivere con una visita mordi e fuggi. La manifestazione si sviluppa in più giornate tra loro differenti e, sentendo il parere dei visitatori, ugualmente meritevoli di essere vissute.
Uno dei momenti più chiacchierati e irriverenti è quello in cui i partecipanti sono tutti vestiti di nero, come se fossero a lutto. Ma la festa è animata e divertente, il vino scorre e il divertimento è tanto. Ad un tratto però il carrasegare cambia e tutti si vestono di bianco continuando a festeggiare e divertirsi. Purtroppo non abbiamo partecipato a questa parte del carnevale locale, motivo per cui desidero tornare.
Noi siamo arrivati a Bosa di sabato, giornata in cui si organizza una serata enogastronomica itinerante per le vie del centro storico. L’evento è organizzato dalla Pro Loco Melkiorre Melis presso il cui ufficio sono in vendita i biglietti per godere appieno della serata. Al costo di 15€ riceverai un biglietto con 6 talloncini strappabili, su di esso c’è scritto ‘mandiga’ (mangia) e ‘buffa’ (bevi) e ti danno diritto a ricevere 3 porzioni di specialità locali da accompagnare con 3 bicchieri della bibita che preferisci (il mio consiglio è di scegliere il vino, in questa zona producono del Monica buonissimo). Sempre presso la pro loco, ma anche in vari punti in giro per il centro, puoi trovare la mappa del centro storico con indicate le 10 postazioni che danno da mangiare e da bere. Ognuna di esse propone un piatto differente e tipico della cucina locale.
La serata è molto piacevole. L’atmosfera per le vie è festosa, si fanno nuove conoscenze e il divertimento è assicurato. Tra i migliori piatti assaggiati ci tengo a complimentarmi con le ottime panadas (prese due volte) e con le seadas (uno dei miei dolci sardi preferiti).
È stato un peccato dover ripartire presto la mattina seguente. Abbiamo dovuto andare a letto presto e ci siamo persi la tanto attesa sfilata sul fiume, alla quale partecipano le più pazze imbarcazioni allegoriche (che talvolta sono giusto oggetti galleggianti). Alcuni ragazzi, conosciuti durante la serata, erano arrivati a Bosa apposta per vedere la sfilata della domenica.
La Sartiglia di Oristano
Sicuramente tra i più attesi carnevali sardi di ogni anno c’è n’è uno noto a livello internazionale: la Sartiglia di Oristano.
La Sartiglia è una giostra equestre che affonda le sue origini ai tempi dei grandi ordini cavallereschi d’Europa. In giro per il continente, infatti, è possibile trovare ancora alcuni esempi di analoghe manifestazioni, anche se la Sartiglia oristanese pare essere quello che più fedelmente rievoca la tradizione locale.
Durante la prima giornata di Sartiglia il centro cittadino, comprese le grandi vie di scorrimento, è totalmente chiuso al traffico e Via Duomo e Via Mazzini sono inondate di sabbia e attrezzate con grandi spalti che permettano alla folla di vedere meglio sia la corsa alla stella che le pariglie che chiudono la giostra.
La folla in attesa si accalca in Piazza Eleonora d’Arborea e attende la lettura del bando che darà il via ai festeggiamenti. Al suo termine l’attenzione si sposta alla sede della vestizione, dove il gremio (in città sono presenti diversi gremi) si occupa della vestizione del Componidori, il cavaliere designato per divenire il tramite tra divino e terrestre per tutta la durata della giostra.
Dal momento della vestizione il Componidori non può toccare terra e deve stare sul cavallo fino alla conclusione della giornata. Il momento della sua uscita è tra i più attesi dalla gente, che applaude e acclama nella speranza che la Sartiglia sia di buon auspicio.
A questo punto l’attenzione si sposta in Via Duomo, dove gli spalti sono già gremiti e dove viene issata la stella, l’attuale sartiglia, che i cavalieri dovranno riuscire a infilare con la spada. La sartiglia, anticamente, era un anello e la sua forma si è modificata nel tempo arricchendosi della foggia di stella, simbolo di successo e buon auspicio per l’anno a venire.
Il primo a eseguire la giostra è il Componidori, che si lancia al galoppo stringendo la spada e, in questo caso, infila alla perfezione la sartiglia causando un’esplosione di gioia e applausi. Le urla e il frastuono pervadono la via e tutta Oristano sa che il primo segno di buon augurio è stato preso. Dopo aver ripercorso la via a ritroso il Componidori si prepara per la seconda corsa, la tensione è tanta, scende il silenzio tutto intorno e solo il tonfo degli zoccoli del cavallo nella sabbia ci avverte che il Componidori si sta avvicinando. Le trombe squillano per annunciarlo e tutti hanno lo sguardo puntato sulla stella che viene infilata con successo anche al secondo giro. Sembra proprio che quest’anno sarà molto promettente.
A su Componidori seguono su Segundu e su Terzu, e poi i cavalieri continuano a gareggiare uno dopo l’altro secondo l’ordine deciso sul momento dal Componidori. Tra il vociare e l’esultanza degli spalti cerchiamo di spostarci per raggiungere l’altro percorso delineato in città, ma ci rendiamo subito conto che avremmo dovuto muoverci molto prima. La gente è tantissima e fatichiamo non poco a farci strada, inoltre la giostra finisce e i cavalieri si spostano sull’altro percorso per dare il via alle Pariglie.
Le transenne vengono chiuse e attraversare ci diviene impossibile. L’unico modo è aggirare l’intero perimetro e tornare indietro dalla parte opposta. Riusciamo comunque a vedere alcune delle evoluzioni che i cavalieri, in gruppi di 3, fanno stando in equilibrio sui cavalli al galoppo.
La serata continua tra musica e festeggiamenti, mentre la festa finisce e si prepara per la replica del martedì.
Boes e Merdules, i carnevali sardi ci portano a Ottana
Dopo un lunedì di pausa e dedicato all’esplorazione dei dintorni di Oristano, decidiamo di ripartire alla volta di Ottana, un piccolo paese dell’entroterra in provincia di Nuoro.
La maschera locale è tra le più caratteristiche di tutta la Sardegna, un misto di tradizioni arcaiche e folklore intrecciati ai racconti della tradizione mitologica mediterranea.
I personaggi di questo carnevale vengono spesso identificati con i boes e merdules (ovvero i buoi e i pastori), ma in realtà il gruppo è composto da diversi personaggi dalle maschere differenti e che richiamano alla vita agreste.
Su porcu è il maiale, o il cinghiale, su muenti è l’asino e vi è anche un merdule che porta con se uno strumento, chiamato orriu, che emette un suono profondo e vibrante, un rumore che pare attirare il bestiame, ma a sua volta spaventa i predatori del gregge.
Tutti si muovono tra le vie del centro storico simulando un gregge che si sparpaglia, dove i buoi si sfidano a cornate e i merdules, dotati di taschedda (sacca per le provviste) e voette (una sorta di frustino), cercano di governarli colpendo con forza i cambales e i cozindos, ovvero gli scarponi di pelle di pecora rinforzati per riparare i colpi.
I merdules rappresentano la dura vita delle campagne e spesso si trovano a dover governare i boes con una robusta corda di vacchetta (sa socca) e dare prova della propria forza contrastando i boes anche con bastoni di legno di ozzastru (olivo selvatico).
A seguire il gruppo c’è, infine, il personaggio più emblematico del carnevale di Ottana. La Filonzana è l’unico personaggio femminile dei carnevali sardi e la sua figura richiama alla memoria le Moire o le Parche che decidevano il destino del filo della vita degli uomini. La Filonzana è vestita come un’anziana signora in lutto, con una lunga veste e copricapo neri. Porta con se un fuso sul quale fila la lana e, appeso al collo, porta un paio di vecchie forbici. In questo contesto la Filonzana ha un significato protettivo per gli elementi del gregge e recidendo il filo può minacciare eventuali belve che attacchino i suoi protetti.
Le maschere del carnevale di Ottana, originatesi ben prima della nascita del carnevale, sono vere opere d’arte artigiana e vengono create da poche famiglie nel centro dell’isola. Quello che è importante è che le maschere (carazzas) di Ottana non si possono vedere solo a febbraio in occasione del carnevale, ma escono tra le vie del paese in diverse occasioni durante tutto l’anno.
I ragazzi dell’Associazione Culturale Merdules Bezzos de Otzana ci spiegano che le loro uscite vanno anche molto a sentimento. Capita infatti che tra amici ci si incontri in paese e si decida che, anche in pochi, sia il momento di mascherarsi e animare un po’ le vie. Sarà il suono dei campanacci a richiamare gli altri e, tanti o pochi, i Boes e Merdules saranno capaci di coinvolgerti e strapparti un sorriso.
Ricorda che gli appuntamenti più attesi e migliori per vedere le maschere di Ottana in azione sono:
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il 16 gennaio per Sant’Antonio, con il grande falò “S’Ogulone“;
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il carnevale;
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la manifestazione Cortes Apertas per l’Autunno in Barbagia, nel mese di ottobre. E noi speriamo tanto di poterci tornare in quel periodo.
I Mamuthones e Issohadores di Mamoiada
Durante la terza giornata alla scoperta dei carnevali sardi ci siamo spostati nuovamente per arrivare a Mamoiada, un altro famoso paese della provincia di Nuoro, famoso per la maschera dei Mamuthones.
I Mamuthones sono sicuramente la maschera più conosciuta tra quelle dei carnevali sardi e la sua origine è, come avviene per le maschere di Ottana, da ricercarsi in tempi ben precedenti la nascita del carnevale.
Anche Mamuthones e Issohadores sono visibili in diverse date durante l’anno, come attrazione in occasione di feste, ricorrenze e sagre. Diversamente dalle maschere di Ottana, però, i Mamuthones e Issohadores si esibiscono solo durante uscite pianificate, dove possono essere numerosi e dove venga coinvolto un pubblico cospicuo.
Prima dell’inizio della sfilata, la folla si raduna, cercando di entrare in uno spazio spesso ristretto, per assistere alla vestizione. A Mamoiada essa avviene nel cortile dell’edificio sede della Pro Loco. Se riesci ad accedere avrai la possibilità di vedere il momento in cui viene legata la carriga sulla schiena del mamuthone, ovvero la carica di campanacci che può arrivare a pesare fino a 30 Kg. Le maschere sono scure (visera nera) e la loro espressione è sempre tragica, simbolo dei patimenti e della fatica. Esteticamente più è brutta e più è bella.
Gli Issohadores hanno un costume dai colori più vivaci, con i pantaloni bianchi e gli alti calzari neri di cuoio. La giacca rosso vivo è decorata da elaborati ricami e il colletto è finemente lavorato. Ad un fianco tengono appeso un lazzo, che viene lanciato tra la folla e le persone che vengono acchiappate e tirate in mezzo alla sfilata possono ritenersi baciate dalla fortuna.
Mamuthones e Issohadores sfilano tra le vie del centro alternando momenti di marcia e pause cadenzate dal suono coordinato e cadenzato dei campanacci. L’effetto è molto suggestivo.
Il carnevale di Mamoiada è anche un mix con il carnevale più moderno. Ci sono alcuni carri allegorici e in piazza si suonano musiche sarde e si ballano danze tradizionali in cerchio e tenendosi sotto braccio.
Durante il festeggiamento del martedì grasso si celebra anche la fine del carnevale. Da un vicolo vicino alla piazza principale parte un motocarro camuffato da mezzo di soccorso, al suo interno giace Juvanne Martis, lo spirito del carnevale, morente. A seguito del carretto si trova una folla di prefiche, piangenti e addolorate, che lodano e talvolta deridono il povero Juvanne Martis. Una volta raggiunto il centro della piazza il medico comunica che la situazione clinica è critica e, dopo alcuni interventi e parecchie urla, viene comunicato il decesso.
La festa continua con il classico rogo del fantoccio del carnevale, in questo caso Juvanne Martis. Nel frattempo, trasportati con dei rimorchi, arrivano dei grandi paioli fumanti e vengono distribuiti alla folla dei gustosi piatti di fave e cotiche.
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Il Museo delle Maschere Mediterranee
Inoltre, se visiti Mamoiada, non perderti l’interessante Museo delle Maschere Mediterranee. L’esposizione, ideale se visitata con una guida, parla della storia e dell’origine delle maschere suddividendole in tre sale: la prima dedicata alle maschere sarde, la seconda volgendo lo sguardo al panorama mediterraneo e infine l’ultima con alcune delle maschere più singolari da tutto il mondo.
Proprio quest’ultima visita ci ha permesso di scoprire che le maschere di cui ho parlato in questo articolo sono solo alcune tra le più note nel panorama dell’isola. Inoltre, la maggior parte delle maschere sarde possono essere viste durante la celebrazione dei carnevali sardi.
Se stai pensando a un viaggio in Sardegna che possa essere arricchito da esperienze legate alla cultura e alle tradizioni, penso che il periodo dei carnevali sardi possa essere quello ideale.
Tutto su Mamoiada, folclore, tradizioni, archeologia, i suoi ottimi vini, prodotti culinari, dolci, artigiani e mascherai, Musei maschera e lavoro
Grazie Raffaele per questo contributo.