Diversamente dagli stereotipi di una Riviera dedita alla spiaggia, al sole e alla folla dei turisti, ecco un’altra faccia di questa fetta della provincia di Rimini, una sorpresa per gli amanti dell’esplorazione e talvolta del mistero, come ci racconta Stefano in questo post. Scopriamo insieme cosa vedere a San Leo.
Pochi si aspettano da Rimini qualcosa di diverso dalle spiagge, le discoteche e la dolce vita felliniana.
Sia chiaro, non che tutto questo non ci sia: mare, divertimento e una lunga stagione estiva compongono la faccia più conosciuta di questa terra. Ma non è l’unica. Anzi, l’autunno regala forse il volto più affascinante della città.
La battigia solitaria, il mare che si avvicina accompagnato dal rumore dello sciabordio e le sottili dita della foschia che avvolgono ogni cosa, raccontano un paese diverso. Sensazioni che si amplificano ancora di più se ci si lascia la città alle spalle e si sale per l’entroterra collinare, costellato di borghi, castelli e antichissimi luoghi che per secoli si sono combattuti strenuamente, come testimoniano le numerose torri di avvistamento, e ora si adagiano pacifici su poggi e speroni.
Risalendo la valle del Marecchia, il fiume della città, superate le tre torri di San Marino, si arriva all’ombra di un’altra rocca dalla storia famosissima: San Leo.
La strada si fa via via più impervia e la vallata diventa aspra, costeggiata di speroni rocciosi, si stenta a credere di essere nella stessa Romagna da cui si è partiti.
Superato il borgo e il castello di Verucchio, si abbandona il fondo valle per cominciare a salire verso San Leo. Per tutto il tragitto, la sagoma della rocca rimane nascosta alla vista, fino a che, serpeggiando tra le colline, d’un tratto appare in tutta la sua potenza, con i due massicci bastioni circolari che torreggiano sul dirupo, e in cima il corpo del castello.
Sembra quasi che la rocca si sia faticosamente arrampicata nel punto più alto e lì sia rimasta a osservare i confini. Nell’ultimo tratto la strada si attacca saldamente alla roccia, costeggiando la parete del monte, e infine conduce sotto l’arco d’ingresso.
Cosa vedere a San Leo
Rocca e paese danno vita ad uno dei luoghi più affascinanti dell’intera regione, per la bellezza architettonica e per la storia che permea queste rocce, suggestiva, e dalle tinte fosche.
Si arriva nel centro del borgo in pochi passi. Nella piazza centrale, attorno alla fontana, si allunga l’abside della Pieve, uno degli edifici più antichi di tutto il borgo: pietra grezza all’esterno, e, dentro le mura, il silenzio e l’architettura essenziale delle chiese romaniche, spoglie e solitarie.
Sotto il tetto a travi ci si sorprende a fissare l’alternarsi di sostegni quadrati e colonne di riuso di epoca romana, vedendo sfumare il confine tra la roccia della montagna e quella di cui è composta la chiesa. Fuori la vita scorre lenta, come nelle parole del poeta Tonino Guerra che è stato per decenni cantore del Montefeltro, del suo rarefatto immaginario.
Allontanandosi di pochi metri, si raggiunge il Duomo, accovacciato sul belvedere che guarda la vallata, luogo che profuma di sacro, da tempo immemore, pagano e animista prima ancora che cristiano.
La cattedrale ospita il sarcofago con le spoglie di San Leone, datato VI secolo, meta da allora di pellegrinaggi dalla costa e dai paesi vicini.
Più maestoso della Pieve, il Duomo rimane comunque affascinante nella sua semplicità romanica.
Al potere religioso si affianca quello secolare, signorile, nella forma e nella architettura del Palazzo Mediceo, anch’esso affacciato sulla piazza principale.
Prima dei signori di Firenze, che conquistarono la città nel 1521, e poi dei Della Rovere, che lo ampliarono, il luogo oggi ospita il museo di arte sacra della città.
Rieccoci di nuovo nella piazza, vicino alla fonte, come un quadro rinascimentale. Da qui tutte le direttrici del paese sembrano convergere verso la rocca, che si erge nel culmine più alto, vertice di un triangolo che richiama ancora una volta la struttura della società medievale.
Sì, da questo punto di vista San Leo è un libro di storia aperto, anche se oggi, come capita a molti luoghi importanti del passato, è più meta da turisti che un luogo vivo e pulsante. Non si agitano più le tensioni e le forze dei secoli scorsi, i confini sono altrove e le strade che portano a San Leo sono vie secondarie e di campagna, non più quelle che portarono la città a essere, per pochi anni, capitale d’Italia, a ridosso dell’anno mille. Eppure non è un luogo abbandonato, né tanto meno muto.
Le oscure vicende dell’alchimia e della massoneria egiziana permeano indelebilmente le mura del forte, dove fu imprigionato, fino al giorno della sua morte, Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, falsario e truffatore, alchimista e imbroglione – spesso sinonimi.
Ma nonostante le colpe che gli valsero il carcere, la sua pena fu tremenda. Ancora oggi è visibile la cella in cui l’avventuriero fu imprigionato tra il 1790 e il 1795, un pozzetto, così è chiamato, di tre metri per tre, situato nella parte centrale del mastio, con una piccola finestra orientata verso la Pieve, unica vista del prigioniero, e un’unica una botola sul soffitto, da cui veniva calato il cibo.
Chissà se in quello spazio angusto, buio e umido, tremendo per il corpo e lo spirito, al povero Cagliostro furono di conforto le sue stesse parole: “Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo: al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza”.
Sicuramente i suoi scritti e i suoi pensieri gli valsero una fama duratura nei secoli, tanto che il suo nome è divenuto sinonimo di mistero, furbizia, abilità e esoterismo.
Per ricordare l’illustre ospite, ogni anno il comune celebra il festival Alchimia e Alchimie, cercando forse di ritrovare la ricetta del suo Elixir di Lunga Vita, oppure del Vino Egiziano o delle altre ricette medicamentose del Gran Cofto, titolo con cui l’illustre alchimista si faceva chiamare, o riscoprire alcune delle sue conoscenze perdute, la cui ombra ha ancora un potente fascino magnetico verso molte persone.
E ad amplificare la suggestione concorre anche la struttura della Rocca, mirabilmente modellata dall’architetto dei duchi di Urbino, Francesco di Giorgio Martini, che gli diede la forma peculiare con le due grandi torri circolari e il corpo allungato che si affaccia sul dirupo.
L’interno della rocca, un tempo castello, poi carcere sino ai primi del ‘900, è diventato un museo, ed è possibile visitare le sale e anche il pozzetto, giusto per farsi un’idea di cosa potesse significare passare in quella prigione gli ultimi 5 anni della propria vita.
Dal punto più alto si gode un panorama mozzafiato su tutte le vallate che si incrociano tra Rimini e Urbino, luogo di storia, di battaglie e di una natura rigogliosa.
Tornando verso la costa, l’impressione è quella di aver scoperto un pezzo di storia poco conosciuto, che però non rimane confinato tra le rocce del castello, ma scende a contaminare i borghi e i castelli, sino ad arrivare a quello dei Malatesta di Rimini, signori della città (ebbene sì, anche Rimini ha un castello!), che tanto tribolarono in questi luoghi combattendo contro i duchi di Urbino per il possesso di ogni singolo pezzo di terra. La Rocca di San Leo passò di mano innumerevoli volte prima di diventare dominio della Chiesa sino all’unità d’Italia, fino quando entrambi furono travolti da nuovi regni, stati e tempi.
Eppure, ancora oggi, ogni luogo racconta una e tutte le storie assieme: l’amore di Paolo e Francesca nel Castello di Gradara, il fantasma di Azzurrina in quello di Montebello e lo spirito di Cagliostro nella Rocca di San Leo danno vita a una mappa alternativa di una Rimini fantastica e da conoscere, speculare a quella più conosciuta, ma che sarebbe un peccato non incontrare e percorrere.
Entrambe meritano di essere visitate.
Per creare il proprio itinerario personale – storico, gastronomico, naturalistico, ma anche rilassante, piacevole, vacanziero – può essere utile la guida in pdf scaricabile gratuitamente da www.info-alberghi.com
Per informazioni sugli orari dei musei e sugli eventi: www.san-leo.it
Sto cercando un seminario o qualche cosa del genere con annessa una chiesa e credo sia in Località Antioco Santa Maria ma non riesco a vederlo nonostante le mie ricerche.
Buongiorno Sergio, questa località è in qualche modo collegata a San Leo? Con le indicazioni ricevute non saprei aiutarla, ma magari qualche lettore ne sa qualcosa a riguardo.
Gian Luca