Lontano dagli stereotipi americani, Marco ci racconta le sue avventure negli Stati Uniti. Alla ricerca della parte più autentica di questo continente, ci racconta la sua visita all’Everglades National Park in Florida.
L’America mostra la sua parte migliore attraverso i suoi splendidi parchi naturali.
Dimenticate le città patinate, i grattacieli, le autostrade a 6 corsie e gli eccessi che vi si perpetrano, stereotipi ripetuti ovunque e che nemmeno rispecchiano la natura prevalentemente rurale di questo paese.
Visitare un parco naturale è un’esperienza appagante, unica, che cambia la vita per sempre.
Dall’Alaska alla Florida, inclusi i territori, basta fare la propria scelta sul sito del National ParkService e partire armati di voglia di solitudine, di silenzio, di atmosfere che credevamo per sempre dimenticate.
Il Parco Nazionale delle Everglades, nel sud della Florida, e i contigui Big Cypress National Preserve e Biscayne National Park, non sfuggono a questa magnifica realtà.
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Everglades National Park
Raggiungerlo è molto semplice: da Miami l’ingresso sud si raggiunge percorrendo un’oretta di macchina verso Homestead, altrimenti si può costeggiarlo verso ovest percorrendo la US 41 fino alla cittadina di Everglades.
Si tratta del più vasto ambiente subtropicale presente nell’America continentale (la superficie è superiore a quella del Molise), ed è annoverato fra i siti dell’UNESCO. Non credo servano altre parole di presentazione per questo paradiso naturalistico.
Come tutti i parchi americani merita il suo rispetto. Non si tratta di esperienze da vivere alla leggera perché le dimensioni, i lunghi tratti da percorrere isolati (sia in macchina sia a piedi) e le insidie naturali (animali selvatici in primis, che ancora abbondano, ma anche le condizioni climatiche estreme e mutevoli) sconsigliano vivamente di non attenersi alle indicazioni impartite dagli immancabili ranger.
A questo le Everglades aggiungono un qualcosa di proprio, di unico: il fatto di essere sul mare. Presentare enormi zone paludose e altre di mangrovie, ne rende l’attraversamento un’impresa veramente ostica, e garantisce al contempo la totale inaccessibilità della stragrande maggioranza del parco.
Si possono percorrere alcune zone in auto e poi inoltrarsi a piedi nei sentieri, si può noleggiare una barca a motore o si può percorrere in canoa una via d’acqua di circa 160 km montando la tenda sulle piattaforme di galleggianti ubicate lungo il percorso. Ma non si riuscirà mai a penetrare fino in fondo nei segreti millenari di questo angolo d’America.
Questo non significa che Everglades National Park non regali comunque a tutti, a partire da chi come me lo ha visitato senza allontanarsi dalle vie principali, emozioni irripetibili, scatti fotografici da mostrare agli amici con orgoglio e ricordi indelebili.
Le foreste di mangrovie
La mia personale preferenza va alle foreste di mangrovie, che ho (marginalmente) “assaporato” grazie a un tour guidato in barca della durata di circa 2 ore. Inizia e finisce nella cittadina di Everglades.
Il tour inizia in acque aperte, dove si fa sfoggio di gran velocità, e culmina nell’attraversamento di un tratto di canale letteralmente infestato di mangrovie. Qui abbassare la testa è un’operazione costante e vi regna il silenzio più assoluto, rotto solo dai canti degli uccelli.
Le acque sono quasi ferme, l’aria è infestata dai gas mefitici che si sprigionano dalle piante in decomposizione. Sembra uno scenario da inferno dantesco, con i raggi del sole che penetrano solo marginalmente il fitto strato di foglie sopra di te e il colore dominante è il marrone. Ma la vita trionfa comunque.
Abitanti dell’Everglades National Park
La sensazione di essere osservati è fortissima, magari dall’abitante principale del parco: il coccodrillo americano.
Questi rettili non hanno (ovviamente) paura di attraversarti la strada né di lasciarsi ammirare mentre prendono il sole, a volte infastiditi a volte incuriositi della tua presenza. Sono dovunque, praticamente, sia lungo le strade sia in acqua. Si sono avvicinati più volte anche alla nostra barca e vanno trattati con il dovuto rispetto, mantenendo almeno 5 metri di distanza, perché, come ripetono a non finire i ranger, sono sorprendentemente veloci anche su terra e usano la coda come arma aggiuntiva.
In acqua non sono aggraziati, ma colpiscono per l’agilità e per la silenziosità con cui si avvicinano furtivi. Chi vuole può anche gustarli, cucinati in vario modo nei ristoranti del luogo che proseguono una tradizione risalente alle tribù indiane di queste zone (Seminole fra tutti).
Non si tratta ovviamente dell’unico predatore presente. Ma il loro principale antagonista nella catena alimentare, la Pantera della Florida, è assai più elusiva e ben pochi, credo, possono vantarsi di averla vista. Unica traccia rinvenuta è un cartello stradale che invita a rallentare in prossimità della zona dove abitualmente risiedono.
Posso ritenermi fortunato ad avere avuto a disposizione per lungo tempo uno splendido esemplare di “snapping turtle”, una tartaruga carnivora molto aggressiva (non a caso il nome scientifico è “Apalone Ferox”) che se ne stava placidamente sdraiata lungo il bordo della strada.
Un incauto turista tedesco, dopo le foto di rito, ha ben pensato di avvicinarla con una mano e ha immediatamente imparato il significato della parola “snapping” (schioccare, dal rumore che fanno le sue mascelle potentissime quando si chiudono di scatto)!
Volatili, bird watching e natura ‘crudele’
Ma le Everglades sono anche un paradiso per gli uccelli, che con i loro canti interrompono il silenzio irreale di questi luoghi.
Avvoltoi, falchi pescatori, cicogne, fenicotteri, pellicani, giusto per citare quelli che conosco, si mostrano senza paura e conducono la loro vita incuranti della presenza umana.
Ho visto un falco pescatore avventarsi sulla preda e mancarla e, di lì a poco, approfittando della confusione, un corvo avventarsi su un passerotto e straziarlo. Triste, ma vero.
Insetti e precauzioni da prendere
L’ambiente subtropicale, le acque ferme, l’umidità e il caldo favoriscono il proliferare di insetti di tutti i tipi.
Mi sono tenuto alla larga da uno strano tipo di vespa rossa per niente amichevole, ho ammirato centinaia di libellule multicolori, ma non ho potuto fare niente contro gli sciami di subdole zanzare. Ce n’erano in quantità apocalittiche il giorno che sono andato.
Le scorte di repellente devono sempre essere pronte all’uso.
Chi vuole può allontanarsi un po’ dalla costa, avventurarsi in barca nell’ampio tratto di mare appartenente al parco alla ricerca dei delfini. Ma chi veramente potrà dirsi fortunato sarà colui che potrà ammirare, anche solo per un attimo, un lamantino (“manatee” in lingua locale), mammifero marino dall’aspetto dolcissimo, purtroppo a rischio di estinzione.
Al termine della visita, magari dopo essersi rifocillati a uno dei tanti chioschi che vendono frutta fresca vicino all’ingresso sud o avere comprato qualche manufatto indiano, sono sicuro che ripenserai al tempo trascorso nel Everglades National Park.
Io l’ho fatto, lungamente, anche nei giorni successivi. E ho avuto il cuore pieno di gioia per giorni per essermi riconciliato con la natura che mi si è mostrata, dura e crudele, ma sempre materna.
E se avrai fortuna potrai trovare aperto l’ufficio postale più piccolo d’America, e spedire subito da li una cartolina.
Foto e testi di Marco Scandali, ‘Un italiano negli USA‘
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