L’Isola di Pianosa è poco più di uno scoglio, una piccola chiazza di terra affiorata nel Mare Tirreno. Questo lembo di terra, facente parte dell’Arcipelago Toscano e dell’omonimo parco naturale, ha da raccontare una lunga storia, una storia che ha le sue radici nel passato e che vede Pianosa come punto strategico molto importante in questo mare.
Non avevo mai pensato di fare un viaggio a Pianosa, non lo avevo mai pensato fino a quando, durante un soggiorno all’Isola d’Elba, non mi è stata proposta un’escursione di un giorno sull’Isola di Pianosa.
Avevo osservato il piatto profilo dell’isola affacciandomi dalla Costa del Sole e mi ero trovato a pensare a cosa mai avrebbe potuto offrire un’isola che sembrava così spoglia e insignificante. Poi gli amici mi hanno convinto, mi hanno parlato della sua natura rigogliosa e dei suoi colori unici, e un po’ anche della sua storia che affonda le radici in un’epoca antecedente le repubbliche marinare.
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Arrivare all’Isola di Pianosa
Il viaggio per raggiungere l’Isola di Pianosa è piuttosto semplice, ci si imbarca da Campo nell’Elba (di cui Pianosa è frazione) verso le 10 del mattino e in circa 40 minuti si attracca al piccolo porticciolo dell’isola, proprio accanto a Forte Teglia, la prima massiccia costruzione che colpisce lo sguardo avvicinandosi alla costa.
Mi bastano pochi istanti per percepire la sintonia con questa terra, due respiri lunghi per sentirne i profumi e qualche passo sotto al sole caldo mi fanno capire da subito che non saprò non amarla. Inoltre, oltre a Forte Teglia, scopro che l’isola non è proprio desolata come credevo, ma vi si trova un piccolo paese capace di regalare angoli caratteristici e carichi di storia.
Cammino lungo la salita spinto dalla curiosità e in breve tempo perdo traccia dei miei compagni. Molti visitatori si dirigono con convinzione verso destra, lungo la costa, per andare a trovare una buona postazione sulla spiaggia. Io osservo i muri scrostati, i cornicioni, le stradine semi-sterrate, e penso a come doveva essere vivere qui qualche secolo fa.
Alla scoperta di Pianosa
Una delle cose che occorre sapere sull’Isola di Pianosa è che, nella storia recente, essa divenne un penitenziario di stato. Una di quelle strutture in cui rinchiudere i criminali più pericolosi, una di quelle prigioni da cui evadere dovrebbe essere praticamente impossibile (a meno che non si sappia nuotare per lungo tempo).
Attualmente questa funzione è stata notevolmente ridimensionata, l’isola è gestita ancora dalle forze armate e ospita 27 detenuti in stato di semilibertà, quindi non più considerati pericolosi per i visitatori. I detenuti che vivono qui sono organizzati per svolgere lavori utili alla piccola comunità, coltivano una parte dell’isola per ricavarne dei viveri e gestiscono anche un bar / ristorante vicino alla spiaggia.
Sempre più desideroso di conoscere la storia locale mi aggrego ad un gruppo pronto a partire per un trekking che tocca la parte occidentale dell’isola (a grandi linee). Il punto di ritrovo è al bar ristorante e tra il via vai delle persone veniamo smistati in base alle diverse attività che si possono svolgere.
Escursioni sull’Isola di Pianosa
Le escursioni sull’isola sono di diversi tipi: oltre al trekking si può praticare bike, oppure scoprire la parte più selvaggia con un’escursione a cavallo, o ancora noleggiare i mezzi messi a disposizione e andare a curiosare liberamente (tuttavia questa soluzione è la più limitativa perché non consente di allontanarsi troppo dalla strada).
La nostra camminata è durata circa tre ore e, passando subito nella zona del penitenziario, si è poi snodata verso la via costiera, ricca di rigogliosa vegetazione e di scorci mozzafiato sul mare. Particolarmente suggestivo fu un tratto di costa ricco di steli di aglio selvatico in fiore, uno spettacolo che sarei rimasto a fotografare per ore.
Proseguendo si visitano alcuni luoghi d’interesse come una piccola torretta di guardia che ancora sorveglia l’orizzonte, oppure la Cala del Bruciato, una piccola caletta inaccessibile che possiamo limitarci ad osservare dall’alto della scogliera.
L’unico tratto di costa balneabile è infatti la spiaggia che si trova vicino al bar, questo dovuto al fatto che vige il divieto di navigazione intorno all’isola e non vi sono barche per raggiungere le spiagge isolate che restano quindi incontaminate. L’unica imbarcazione che può attraccare qui è il battello turistico che può portare al massimo 250 persone, numero massimo giornaliero consentito di visitatori.
Dalla Cala del Bruciato ripieghiamo verso l’interno e ben presto cominciamo a vedere alcuni campi, del bestiame al pascolo e, cinti dalle antiche mura, delle aree coltivate che ospitano quelle che sembrano delle fattorie.
Proprio a questo punto ci rendiamo conto di non aver mai incrociato che andava a cavallo o i ragazzi partiti in bicicletta. Credo sarebbe una buona idea quella di soggiornare due o tre notti sull’isola per viverla anche senza turisti, ma sopratutto per poterla visitare in modi diversi, sperimentandone tutte le sensazioni.
Da qui fino al punto di partenza la distanza è breve, sono quasi le due del pomeriggio e andiamo diretti al ristorante per riuscire a pranzare in tempo. La cucina, molto basata su ingredienti di pesce, è semplice e saporita, quello che ci vuole per rifocillarci dopo la lunga camminata.
L’essenza dell’isola
Fu proprio dopo pranzo che mi riuscii ad immergere totalmente nell’essenza dell’Isola di Pianosa, sono sceso fino in spiaggia per fare due foto, ma dopo mangiato non avevo voglia di bagnarmi e così, dopo aver percorso il lungomare, sono tornato sui miei passi convinto che Pianosa non mi avesse ancora svelato tutto.
Tornato verso il porticciolo sono sceso verso il Porto Vecchio di Pianosa, proprio vicino a Palazzo della Specola, un altro grande edificio proteso sul mare. Qui si può scendere fino al mare osservando il porto dal basso, circondati dai merli delle fortificazioni e dalle tante finestre che celano chissà quali segreti.
Ma Pianosa non è tutta qui, un’altra volta torno indietro e salgo verso la parte più interna del paese, mi lascio incantare da palazzi ormai disabitati e altre strutture ancora in uso dove si trovano un piccolo museo e le Catacombe. Passo oltre e segui le stradine sterrate scoprendo una zona di palazzine più moderne. Qui qualcuno abita, ogni tanto vedo della gente sui balconi e sento anche dei bambini giocare. Giungo alla conclusione che siano i famigliari delle guardie che sono dislocate qui di servizio, in questo modo l’isola non rimane del tutto deserta, ma vi si trovano ancora un asilo e una una piccola scuola.
Mi spingo ancora fino alla scogliera, per scorgere il panorama da un’altra angolazione. Da un punto panoramico vedo chiaramente Montecristo, più a sud, mentre sotto di me scorgo il Palazzo della Specola a sinistra e uno spettacolo di mare blu e scogliere alla mia destra. Un paesaggio da cartolina.
Ricordo ancora la quiete attorno a me mentre cammino ai margini della zona edificata, il mare blu intorno, il sole rovente e il vento che giunge a dare un po’ di sollievo. Ricordo ancora l’Isola di Pianosa, una delle più belle scoperte di questa estate passata, un’isola in cui desidero di tornare, anche solo per una giornata.
Uno speciale ringraziamento a Acqua dell’Elba che mi ha permesso di vivere quest’esperienza.
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