Torno oggi a parlare di Ailoche e delle sue miniere di ferro abbandonate. I misteri di Ailoche ci hanno molto stupiti e l’accoglienza delle persone ci ha scaldato il cuore, è un luogo vero, vivo e spontaneo che nella sua storia nasconde, racconti e misteri che hanno dell’incredibile.

Le antiche miniere di ferro abbandonate sono state una vera rivelazione di questa zona del Biellese di cui gli ailochesi ci hanno parlato con orgoglio, ma anche con una certa esitazione, come se ci stessimo addentrando in un terreno pericoloso.
Proprio quando stavamo tornando alle auto al termine della nostra visita a Ailoche, un po’ scoraggiati dalla mancata avventura nei boschi, sorridente e con molta simpatia ci raggiunge Piergiorgio Morera.
Piergiorgio è un signore che ha da poco superato i 70 anni e che, dopo averci salutato allegramente, catalizza la nostra attenzione dicendo che lui, nel 1945, ha visto i minatori lavorare nei cunicoli fino alla definitiva chiusura del giacimento.
L’interesse, già alle stelle per le tante cose scoperte finora, si acuisce ancor di più. Molte sono le domande che vorremmo fare a Piergiorgio, ma mentre cerchiamo di meglio inquadrare questo nuovo personaggio entrato in scena, egli ci propone di farci da guida a vedere le miniere coi nostri occhi. Siamo al settimo cielo!
Raggiungere le miniere di Ailoche
Partendo dalla Chiesa di San Bernardo a Piasca, quella dei ‘pacaloit’, imbocchiamo un sentiero ricoperto d’erba che comincia proprio alla destra dell’edificio. Il primo tratto della stradina è ben mimetizzato tra la vegetazione e prosegue poi con un percorso sterrato, un’antica strada realizzata appositamente per permettere ai minatori di raggiungere il loro posto di lavoro.
Adoro camminare nella natura e il tragitto che seguiamo si immerge nei boschi sulle colline del comune di Ailoche, colline che in realtà sono piccole montagne, infatti ci troviamo sulle prealpi biellesi, le prime vette che via via vanno crescendo fino al massiccio montuoso che segna il confine nord d’Italia, le Alpi.
La vegetazione è prevalentemente di castagni e, vista la stagione, qua e la fanno capolino alcuni funghi a punteggiare il sottobosco.
In alcuni tratti la stradina non è in condizioni ottimali, il fango è spesso un impiccio e, ancor peggio, a causa dell’acqua piovana che scorre verso valle, la terra è stata scavata e rimossa lasciando fossi o buche da evitare con attenzione.
Proseguiamo fino a quando un antico rudere non si staglia tra le fronde. Da distante faticavo a distinguerlo, le mura erose sono ricoperte di muschio e si mimetizzano tra la boscaglia traendo in inganno il mio occhio daltonico. Questa è l’antica centralina dell’energia elettrica, il posto da cui partiva la corrente per alimentare le viscere della montagna.

Misteri di Ailoche tra storia e leggende
La nostra camminata verso le miniere è come un percorso a ritroso nel tempo. Piergiorgio comincia col raccontare degli anni della guerra, un periodo cupo, in cui egli, ragazzino di 15 o 16 anni, ha visto coi suoi occhi i lavoratori cercare il ferro che serviva per la fabbricazione delle armi.
Il pesante lavoro di centinaia di uomini ha portato alla luce alti accumuli di materiale di risulta, rocce ricche di ferro che oggi si presentano accatastate in alti mucchi in mezzo al bosco e facilmente individuabili per il colore rosso ruggine che le tinge.
Tuttavia il giacimento non era dei più ricchi e, dopo solo pochi anni, si decise di chiudere la miniera e tutti i suoi accessi… o quasi!
Le entrate vennero fatte crollare o sigillate, mentre i camini, condotti che salivano in superficie per permettere il ricambio d’aria nella profondità della terra, vennero coperti con assi di legno coperte, a loro volta, da sassi e terra in modo che nessuno potesse caderci dentro.
Da allora sono passati 45 anni, un tempo in cui anche le più robuste travi di legno, esposte all’acqua e alle intemperie, si sono deteriorate e, sotto il peso delle pietre e della terra, cominciano a cedere creando degli avvallamenti nel bosco che sembrano semplici cunette naturali, ma che sotto nascondono il vuoto alto 10, 20 o 50 metri. Per questo motivo è meglio non avventurarsi da soli senza una guida esperta in quest’area.
Ma la storia delle miniere comincia ben prima della Seconda Guerra Mondiale, bensì nel 1300, quando in questa zona dominavano i Ferrero Fieschi, una potente casata nobiliare che da qui estraeva il metallo per gli armamenti.
Dobbiamo infatti immaginare che gli abitanti di quest’area, negli anni passati, fossero obbligati a vivere in questa valle. Spostarsi era difficile e richiedeva molto tempo, di conseguenza si capisce perché le frazioni più antiche di Ailoche, tra cui Piasca e Venarolo (le più vicine alla miniera), fossero molto popolate, non solo da chi qui era nato, ma anche dai lavoratori che vi si trasferivano per necessità.

Da qui forse arrivano le leggende che ammantano queste vette. Voci, racconti e ammonimenti che ancora gli ailochesi ricordano gli siano stati fatti dai nonni, quando da bambini uscivano a giocare, e dicevano: ‘Non andare su nel bosco che c’è l’Uomo Selvatico‘.
Impossibile dire chi fosse l’uomo selvatico, l’immaginario propone che i cunicoli delle miniere in origine fossero grotte naturali preesistenti e che in epoca arcaica gli uomini preistorici vivessero al loro interno.
Forse ne è stata trovata traccia? Forse è soltanto una storiella utilizzata per spaventare i più piccini affinché non corrano il rischio di cadere in un camino? Di certo è qualcosa che accresce ancor più la curiosità e il mistero che ammanta questo luogo.

Misteri di Ailoche, le miniere
Dal punto in cui si incontrano le rovine della centrale elettrica è necessario abbandonare la strada, il pendio non è troppo ripido, ma occorre comunque avere buone calzature e fare molta attenzione a non scivolare sulle foglie o i rami del sottobosco.
Risalendo tra la vegetazione incontriamo i chiari segni che qualcuno di recente è stato qui, tra gli alberi vi sono le tracce di un fuoco e, attorno ad esso, molti rami e bastoni sono stati fissati per delimitare un’area definita. Pare siano alcuni giovani che festeggiano secondo le usanze celtiche.
Altri edifici si trovano qua e la. Alcuni, ricoperti di edera e quasi indistinguibili dall’ambiente, sono quello che resta degli antichi magazzini in cui veniva stipata la merce. Oggi sono ormai ridotti a rovine e ci incuriosiscono perché pare che nelle foto, scattate durante altre visite, si intravedesse la sagoma di un fantasma.

Risaliamo ancora un tratto di bosco prima di incontrare le tracce della miniera vera e propria. In diverse occasioni Piergiorgio ci ammonisce di non passare in determinate zone dove lui sa che sotto c’è un camino e quindi la miniera. Ogni volta che ci lancia qualche avvertimento non posso che ringraziare di averlo come guida.
Mentre mi distraggo per scattare qualche fotografia noto che l’attenzione del gruppo viene catalizzata da qualcosa. Tutti osservano un punto al fondo di un avvallamento, è un buco, nero e profondo, il segno chiarissimo che le coperture realizzate nel ’45 per tappare i camini stanno ormai cedendo.
Piergiorgio ci invita a procedere con cautela, superiamo alcuni grandi massi, alcuni cumuli di rocce rossastre e finalmente vediamo il primo ingresso, non praticabile, delle miniere.

Quest’apertura nel terreno mi incuriosisce molto, ma mi infonde un po’ di esitazione se ripenso all’uomo selvatico… credo di aver visto troppi film horror.
Cerchiamo di avvicinarci, il terreno diventa più ripido verso la soglia, ma desistiamo quando notiamo che, una decina di metri dopo, il cunicolo è otturato; probabilmente a causa di un crollo o magari chiuso quasi cinquant’anni fa dai minatori.
Troviamo altri due o tre accessi, alcuni più avvicinabili, ma il responso è sempre lo stesso, chiuso!
Peccato, ma l’ambiente è già abbastanza suggestivo, alcune zone del bosco particolarmente umide sono completamente ammantate da un leggero muschio verde brillante, come se tutto – rocce, tronchi, terreno – fosse rivestito di velluto. È sensazionale.

Entriamo nella miniera di Ailoche
Piergiorgio continua instancabile a fare strada, di tanto in tanto si gira per controllare se stiamo al passo, cosa spesso difficile vista la sua agilità nonostante gli anni.
Ad un tratto ci dice: ‘Forza manca poco, è qui dietro!’
Scendiamo di alcuni metri lasciando il sentiero e percorriamo un tratto di cammino che corre lungo una grande roccia. Qui l’erba scivolosa ha lunghi steli che si penzolano verso il bosco ripidissimo sulla destra, sembra di essere sospesi e occorre molta attenzione. Tuttavia è un tratto breve che ci conduce a un piccolo slargo.
Qui, accessibile e carico di mistero, si apre un altro accesso, libero, magnetico a tal punto che la voglia di entrare è fortissima.

Mentre mi addentro facendomi luce con il flash fioco del telefono, Piergiorgio mi ammonisce: ‘Tieni la destra che a sinistra c’è un pozzo!’.
Cautamente avanzo e effettivamente trovo un bivio, illumino verso sinistra per vedere il pozzo, ma vedo solo il cunicolo che avanza, probabilmente sarà più avanti.
Punto la luce verso destra e a tre passi di distanza il pavimento sparisce in una voragine nera… ‘ehm Piergiorgio? Sicuro che il pozzo non fosse a destra?’ – ‘Oh, si si, scusa! Ho fatto confusione…’ – ‘Ah, ecco…’
Ci soffermiamo alcuni istanti, è impressionante. Buttiamo qualche sassolino, ma non riusciamo a sentire quando tocca il fondo, in attesa alzo lo sguardo e illuminando con il puntatore della macchina fotografica resto senza fiato.

Sopra le nostre teste non c’è nulla, o meglio, non c’è pietra come pensavo, bensì un’alta apertura, che riesco a scorgere per diversi metri. Al suo interno sono puntellati vari travi che ne sorreggono le pareti.
Felice di aver scampato un bel volo proseguo verso sinistra. Dopo alcuni metri è necessario fare attenzione, sul lato sinistro del tunnel si apre un altro pozzo, e, proseguendo, si raggiunge un altro bivio.
Indeciso, faccio qualche passo verso destra. Di li a poco un altro bivio, alcuni cunicoli sembrano seguire un percorso ad anello e ricongiungersi tra loro, mentre dalla parte sinistra la scena si ripete pressapoco permettendoci di visitare alcune stanze prima di tornare indietro.

Certo perché la paura di smarrirsi li sotto è tanta. Inoltre non siamo attrezzati per vedere bene che cosa ci circonda e, come abbiamo notato, le voragini non fanno molto rumore e sono difficili da individuare.
Esco all’esterno pensando che questo è un luogo incredibile. Poter entrare anche solo per un tratto breve, mentre Piergiorgio ci raccontava le storie dei minatori, è stato molto emozionante e questa, a mio parere, è un’ottima location per organizzare delle visite guidate. Di certo occorre qualche accorgimento sulla sicurezza!
Ritorno verso Ailoche
Possiamo ritenerci soddisfatti, ci complimentiamo con Piergiorgio, Rino, Michela e Anna per la bellissima escursione e imbocchiamo la via del ritorno. Un percorso differente da quello di andata.
Scendiamo verso il paese incontrando qua e la le rovine di antichi cascinali spersi in mezzo al bosco, tanto che mi chiedo che senso avesse costruire qui una cascina.

È Rino a chiarire i miei quesiti, anche questa volta grazie alla sua testimonianza diretta. Infatti egli ricorda che, quando era un ragazzino, questi edifici erano circondati da pascoli erbosi e in queste case abitavano famiglie di pastori e agricoltori che vivevano dei prodotti della loro terra.
Questo racconto mi lascia incredulo e comincio a ragionare su quanto possa cambiare un luogo in meno di 50 anni. I verdi prati ora sono fitta boscaglia e la natura, dal momento che nessuno si occupa di tenere in buono stato gli edifici, rivendica il suo spazio.
L’ultimo incontro che facciamo prima di ritornare ad Ailoche sembra uscito come un eco dal passato. Davanti a noi incrocia la nostra strada Sabrina, una ragazza che vive in paese, in frazione Piasca, che porta con se il suo falco addestrato.
Genevieve, il rapace, è bellissima, aggraziata quanto micidiale, lo si nota osservandone gli artigli e l’affilata punta del becco, un’animale che affascina e che, secondo quanto dice Sabrina, sa legarsi al proprio padrone in modo inseparabile.
Quale miglior modo di finire la nostra visita? I misteri di Ailoche di certo hanno saputo stupirci, questo paese custodisce luoghi senza tempo e suscita emozionanti suggestioni. E non è finita qui!

mi piacerebbe avere qualche info per visitatre le miniere da dove parte la visita costi? grazie
Buongiorno Matteo,
per visitare le Miniere attualmente è possibile organizzarsi contattando gli uffici comunali di Ailoche, il numero telefonico è 015 767463
Di a loro che ti manda Viaggia e Scopri… e poi facci sapere come sarà la tua visita! 😀
Gian