La località in assoluto più suggestiva e sconcertante che abbiamo visitato durante la nostra permanenza a Guspini, è sicuramente Montevecchio. La località di Montevecchio è stata, in anni passati, un’importante risorsa per la regione del Medio Campidano (provincia nella quale attualmente si trova) e per la popolazione dell’intera Sardegna, che da ogni angolo dell’isola emigrava per poter lavorare e provvedere ai bisogni familiari.
Informazioni su Montevecchio
Documentandomi online ho scoperto che questo filone minerario era conosciuto fin da epoche antiche; nel 1842 vennero effettuati i primi scavi alla ricerca del minerale e verso metà secolo venne istituita una vera e propria società che iniziò per lunghi anni ad estrarre dal ventre della roccia dei minerali grezzi conosciuti come blenda e galena dai quali si ricavano rispettivamente lo zinco e il piombo, l’attività lavorativa venne interrotta bruscamente nel 1991.
Il filone Montevecchio risulta esser lungo circa 12 chilometri e sullo stesso si trova anche il complesso minerario di Ingurtosu del quale facevano parte anche le miniere di Salaponi a Gonnosfanadiga.
Con l’avvio dei lavori di scavo e l’arrivo dei primi operai iniziò a costituirsi un piccolo centro abitato, conosciuto localmente con il nome di Gennas Serapis, che rimase comunque frazione del comune di Guspini. Il centro abitato crebbe fiorente e prospero in funzione della produttività mineraria e quanto più si scavava nella montagna e si estraevano minerali, tante più persone giungevano a Gennas Serapis per lavoro e qui si stabilivano.
Secondo alcune testimonianze raccolte dai residenti della zona, nel 1991, a seguito di alcuni dissapori tra i minatori (che richiedevano una vita più salubre, aumenti salariali e turni meno massacranti) e la società che gestiva il complesso, l’intera miniera venne improvvisamente chiusa e il personale licenziato.
Alcuni ricordano la drammaticità di quegli anni e di quegli eventi e raccontano di operai costretti nelle viscere del terreno per turni lunghi ed estenuanti, a scavare per pochi soldi tra sudore e lacrime per sfamare la propria famiglia e spesso rimetterci la vita a causa dei fumi e delle polveri che nei profondi e caldi tunnel si respiravano.
Volendo riconosciuti i propri diritti i minatori, forti del loro numero, si rifiutarono di uscire dalle miniere, chiedendo l’apertura di una trattativa con i ‘padroni’. Per sbloccare la situazione venne loro fatto sapere che i rappresentanti della società e addirittura il vescovo locale erano giunti per venire incontro ai loro bisogni. Gli operai persuasi uscirono alla luce del sole, non si sa se uscirono tutti, e in quel momento, aprendo delle chiuse di contenimento, le gallerie della miniera furono allagate, venne dichiarato chiuso lo stabilimento e tutti i lavoratori, licenziati, vennero rimandati a casa.
Nel 1991 i residenti non ebbero più ragione di restare e Gennas Serapis rapidamente divenne una località fantasma, nelle vecchie case, molte delle quali ormai fatiscenti, abitano oggi poche centinaia di persone, il piccolo borgo è divenuto un’attrazione turistica, sopratutto grazie alle imponenti costruzioni minerarie che spettrali accolgono chi si insinua verso l’interno della valle.
Alla scoperta di Montevecchio
Abbiamo dedicato a Montevecchio e dintorni l’intera giornata, forse l’abbiamo presa con calma, ma è proprio in questo modo che si riesce a respirare il silenzio dell’abbandono che aleggia per le strade e gli edifici di tutta la zona.
Montevecchio possiede diversi monumenti di archeologia industriale mineraria e fa parte del Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna, inserito nella rete GEO-PARKS dell’UNESCO.
L’intero compendio minerario comprende diversi cantieri di estrazione e lavorazione dei minerali, il centro abitato, sede dei principali servizi e delle sedi della dirigenza, e alcuni villaggi operai dislocati nelle vicinanze.
Negli anni della sua massima grandezza, Gennas Serapis, contava circa 3000 abitanti, e costituiva il centro amministrativo del compendio, è posto in un altopiano tra i più alti del territorio. Erano presenti gli appartamenti dei dirigenti della miniera e delle cariche più alte al servizio delle compagnie che si susseguirono nella sua gestione, diversi palazzi con alloggi per gli operai, il palazzo della direzione con annessa cappella dedicata a Santa Barbara e altri uffici della dirigenza, i servizi più importanti, come la caserma dei carabinieri, l’ospedale e le scuole, un ufficio postale, un laboratorio chimico, l’ufficio geologico, cinema e campo da calcio, dove giocava la squadra locale Montevecchio.
Una fiorente comunità insomma, mentre oggi chi acquista casa qui lo fa semplicemente per la tranquillità del luogo, perché la zona è ritenuta turistica e di villeggiatura e per sentirsi un po’ più lontano dal rumore delle cittadine vicine. La tranquillità infatti è assicurata, tutto intorni si è circondati infatti dai cantieri e dai villaggi fantasma.
Ad est di Gennas Serapis si trovano i cantieri di levante. Principalmente il cantiere di Piccalinna e il cantiere di Sant’Antonio. In questa parte del compendio si trovavano diversi villaggi operai: tra essi, il più importante è senza dubbio il Villaggio Righi, sulla strada che da Gennas porta ad Arbus.
Ad ovest del centro di Gennas Serapis si trovano invece i cantieri di ponente: Sanna, Telle e Casargiu; ad ovest di quest’ultimo iniziava il compendio di Ingurtosu.
Il sabato e la domenica, con partenza dal centro abitato, si può partecipare a delle visite guidate che vi porteranno a scoprire più profondamente la storia di questi luoghi, sabato dalle 10:00 alle 13:00 – domenica dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15.00 alle 19:00. Potrebbero esserci delle eccezioni, per motivi di sicurezza, in caso di maltempo.
Durante la nostra visita, infrasettimanale, purtroppo non ci è stato possibile partecipare a una di esse. Abbiamo articolato l’esplorazione in due momenti, al mattino ci siamo diretti al centro abitato di Gennas Serapis potendo ammirare solo esternamente gli edifici della miniera e gustandoci la fresca atmosfera deserta che pervade ogni muro di questa vallata. Molto suggestiva la posizione della Chiesa di Santa Barbara, affacciata al parapetto di una balconata che osserva la valle sottostante.
Sicuramente interessante sarebbe stato visitare questi edifici anche all’interno, sopratutto il Palazzo della Direzione, che conserva locali sontuosi impreziositi da rifiniture di inizio ‘900 che ci fanno rivivere il contrasto tra la condizione operaia e la vita di lusso che i dirigenti si potevano permettere.
Nel pomeriggio abbiamo continuato con la visita inoltrandoci nella Riserva Forestale di Crocorigas, raggiungibile seguendo una strada sterrata che parte da Gennas Serapis, e raggiungendo una postazione situata 4 Km all’interno della vegetazione nella quale le guardie forestali si occupano di proteggere e censire i Cervi Sardi, una varietà che vive nella zona e che alcuni anni addietro stava rischiando l’estinzione.
Qui conosciamo Antonello, una guardia forestale, che ci accoglie e ci spiega in cosa consiste il lavoro che qui si svolge, un’attività volta alla protezione della natura, spesso vittima di incendi, e delle specie animali minacciate dal bracconaggio. Nonostante le difficoltà, anche economiche, nel mantenere vivo il progetto, quello che sicuramente gratifica è vederne il successo, decretato dall’aumento della popolazione dei cervi che, partendo da circa 300 esemplari quattro anni fa, ha raggiunto oggi circa i 2000 individui.
Stiamo per congedarci quando arriva un altro amico di Antonello, omonimo anche lui, Antonello Cocco risiede nella zona e, appassionato di fotografia, si reca molto spesso nella foresta cercando di immortalare queste fantastiche creature.
Nessun cervo si è avvicinato durante la nostra permanenza, forse siamo stati troppo rumorosi, e chiacchierando riveliamo che avremmo sperato di visitare la miniera.
Antonello Cocco, che attivamente contribuisce e collabora con la difesa e il recupero di questo patrimonio, si offre di accompagnarci per un giro esterno degli edifici.
Entusiasti accettiamo e tornati a Gennas discendiamo la valle per raggiungere l’ingresso inferiore del complesso minerario. Poterci addentrare in una visita dedicata è più di quanto potessimo sperare e ci riempie di emozione.
Il tempo a disposizione è poco, sta per tramontare il sole, ma Antonello ci accompagna nel cantiere Sant’Antonio, uno di quelli più restaurati, un tempo fervente dell’attività dei minatori, e anche luogo in cui si trovava il ‘polmone della miniera‘. Ci piace ribattezzarlo così perché fondamentalmente questa era la sua funzione. Proprio vicino alla torretta di Sant’Antonio si trovano tre grandi bombole collegate al terreno con delle tubature, all’interno dell’edificio, un motore, funzionando come un compressore, spingeva l’aria all’interno delle bombole aumentandone la pressione, questo faceva in modo che l’aria potesse essere spinta nelle proifondità del terreno facilitando la respirazione dei lavoratori presenti la sotto.
Poco distante si trovano i locali delle officine e lungo il piazzale passano le linee ferrate che guidavano i carrelli carichi di minerali.
Di grande interesse in questa zona è il Pozzo Sartori, inaugurato il primo giugno 1941, che si sviluppa in profondità fino a toccare i 288 metri sotto il livello del mare.
Protesa verso la vallata invece si trova Piccalinna, dalla quale il materiale estratto dalle profondità veniva depositato e riportato verso la valle, creando una specie di pianoro che ancora oggi si stagli sterile e privo di vegetazione nonostante il passare degli anni. In questo complesso si trova il Pozzo San Giovanni che si addentra nel terreno raggiungendo la profondità di 400 metri.
Antonello ci accompagna e ci racconta gli avvenimenti della miniera con passione e col ricordo di chi qui ha lavorato, vissuto e ora non c’è più.
Il tramonto ci mette fretta e purtroppo dobbiamo tornare a Crocorigas, l’auto ci attende. Salutiamo ancora una volta i due Antonello ringraziandoli per l’interessante giornata che ci hanno offerto, non abbiamo visto i cervi, ma li ammireremo dalle foto di Antonello Cocco.
Ti allego un filmato tratto da GuspiniTV e realizzato dalla EDEN – European Destinations of ExcelleNce, che ci mostra Montevecchio e alcuni scorci sotterranei della miniera:
Per maggiori informazioni su Montevecchio e le sue miniere ti rimando alle seguenti risorse del web:
Per avere informazioni o vedere immagini relative a Crocorigas e i Cervi Sardi puoi contattare:
- Antonello Cocco su Facebook
- Antonello Cocco su MySpace
- oppure via mail: hobbyvideo.a@tiscali.it
Che bello leggere del turismo intra-paese. Sono convinta che spesso rivolgiamo lo sguardo all’estero ma anche sul nostro territorio si custodiscono dei veri e propri piccoli tesori!
Eh si, l’estero ha un grande fascino, ma la bellezza italiana non ha nulla di meno di tante mete straniere blasonate… anzi!