Andorno e Biella non sono mai stai protagonisti di un’unione territoriale in passato: fin dal tardo medioevo si hanno testimonianze di scontri e tensioni per l’indipendentismo dei due centri, rimarcato soprattutto dalla volontà di mantenere il diritto di tenere il mercato settimanale, è storia di Andorno Micca.
Infatti Andorno Micca nei secoli diventerà un luogo importante di scambi commerciali: di risorse alimentari, ma anche di materie prime per la produzione manifatturiera, di tessuti e poi di cappelli.
Inoltre il nostro paese secoli fa divenne capoluogo di un vero e proprio marchesato, indipendente da Biella e con una sua autonomia per tutto il corso del Seicento. La Valle d’Andorno nel 1621 infatti divenne marca per volere di Carlo Emanuele I di Savoia che lo infeudò a uno dei propri figli, per poi passare in mano a Emilio San Martino di Parella nel 1674.
Il marchesato d’Andorno era un mondo separato da Biella e tale era percepito dai contemporanei. Infatti quando vengono realizzate le tavole illustrative di questi territori da inserire nel maestoso Theatrum Sabaudiae (1862) voluto dalla famiglia ducale, due sono le tavole ben distine, una per il Biellese e una per Andorno.
Storia di Andorno Micca, le tre lavandaie
Esiste una leggenda che accomuna Andorno Micca con Cossila, quella delle tre affascinanti lavandaie notturne.
Si racconta che, presso il luogo chiamato la Casa del Sorriso nel paese di Andorno, a chi capitava di passare da solo intorno alla mezzanotte si sentisse chiamare da suadenti voci femminili, tre splendide donne intente al lavatoio chiedevano aiuto al viandante per strizzare i panni pesanti d’acqua.
I saggi del paese ammonivano dal cedere al richiamo di quelle che erano in realtà tre potenti e malvagie masche. Una sera infatti un giovane si fermò incurante di qualsiasi timore, ma mentre si apprestava a strizzare i panni con le donne, si sentiva mancare progressivamente l’aria, e più esse stringevano il lenzuolo, più la gola del giovane si chiudeva fino a causarne la morte.
La leggenda sottolinea così di non farsi mai cogliere a mezzanotte in quel luogo isolati e di affrettarsi sulla via del ritorno, per non incappare nelle fatali signore.
Storia di Andorno Micca, la vecchietta e i “Bertagnoli”
La vicenda si colloca in un antico tempo, in cui queste zone erano minacciate da frequenti scorrerie di bande armate che lasciavano gli abitanti in miseria e a volte senza neanche più dimora.
Un giorno un’anziana del paese di Andorno Micca si reca a fare legna in un bosco e qui viene sorpresa da una di queste truppe intenzionata a saccheggiare il borgo di notte. La donna viene catturata e liberata solo dopo aver giurato, pena la morte, di non avvertire il paese della imminente razzia.
La donna promette ma, tornata sulla via di casa, decide di allertare gli Andornesi senza infrangere la promessa. Ella ripete a gran voce che si stanno avvicinando i “Bertagnoli” armati, un nome di fantasia, che i compaesani non comprendono, la vecchietta però non demorde e prosegue nella giornata a pronunciare il sibillino avvertimento fino a quando qualcuno capisce la verità del messaggio.
Gli abitanti del paese allora decidono di bagnare tutte le strade; essendo un inverno freddissimo, giunta la notte le strade si ghiacciano e provocano lo scivolamento dell’intera truppa di delinquenti a cavallo.
Impediti dalle pesanti armature sul ghiaccio, gli invasori vengo assaliti e scacciati dal paese.
La chiesa di San Lorenzo
Imponente e solida nella sua architettura, la chiesa principale ancora oggi ci stupisce appena giungiamo nel centro del paese e, come secoli fa, ci accoglie presentando la facciata che fu quella originaria e che oggi invece si trova opposta all’entrata principale.
Diverse sono state infatti le fasi costruttive di questo edificio, che testimoniano l’importanza di Andorno Micca per la vallata e il territorio circostante. Qui passavano i transiti principali e in passato il mercato di Andorno era una delle piazze più importanti per gli scambi commerciali del Nord Piemonte.
La chiesa nelle sue fasi costruttive dimostra l’esser stata vissuta dalla popolazione locale e di aver ricevuto l’investimento di grandi risorse per la realizzazione di ampliamenti strutturali, decori ad affresco e pregevoli arredi sacri.
L’origine dell’edificio risale probabilmente all’epoca romanica, ma è con il Quattrocento che si ha un ampliamento considerevole con la realizzazione di un impianto a tre navate, con la facciata tripartita e decorata in cotto che ancora oggi possiamo leggere nell’attuale parete posteriore. Guardando questo lato della chiesa, subito notiamo l’antica porta che fu murata, la facciata divisa in tre ricorda per il ritmo, i profili degli spioventi e le decorazioni in terracotta, la facciata di San Giacomo del Piazzo.
E infatti le cornici raffinate delle finestre, realizzate in terracotta invetriata riportano tralci vegetali che molto assomigliano a quelli ancora esistenti presso gli edifici del Piazzo di Biella.
Queste decorazioni risalgono al 1480 circa e sono testimonianza della presenza nel Biellese di una produzione artigianale molto raffinata e diffusa: oltre a Biella, altri esempi sono visibili nel Castello di Gaglianico, a Candelo e anche nel Biellese orientale a Crevacuore.
L’antica facciata di San Lorenzo presentava anche un intero paramento ad affresco: alcune decorazioni vegetali si possono intravedere attorno alle finestre, così come alcuni elementi ci suggeriscono la figura di un grande San Cristoforo a sinistra della porta murata, tipico santo protettore posto sull’esterno delle chiese. La restante parete di facciata forse riportava un bugnato dipinto. Questo è quanto testimoniato dai rilievi fatti dall’architetto Alfredo D’Andrade, il progettista del Borgo Medievale di Torino.
Oggi alla chiesa si accede da una piccola piazza su cui prospetta l’attuale facciata tardo barocca dai profili mistilinei, realizzata nel XVIII secolo quando si decise di ampliare la lunghezza e di ruotare l’asse di 180° collocando l’entrata al posto dell’abside quattrocentesca.
All’interno siamo colpiti dalla ricchezza degli affreschi che decorano la navata principale e quelle laterali. Varcata la soglia l’attenzione è subito attirata dal piccolo altare neoclassico posto presso il pilastro di destra. Avvicinandoci, scopriamo il monumento funebre di Bernardino Galliari, uno dei tre fratelli artisti originari di Andorno, che nel secondo Settecento si distinsero per interventi pittorici nel Biellese e non solo. Tra le opere più famose, gli affreschi nel santuario di Graglia, di San Giovanni d’Andorno e presso dimore signorili come Palazzo Lamarmora al Piazzo o altre ville del Biellese.
Il pittore architetto Bernardino è presente qui con la pala dell’altare maggiore rappresentante il Martitio di San Lorenzo.
Percorrendo le navatelle si scorgono preziosi altari laterali, fino a giungere alla cappella dedicata a San Giulio, realizzata con pianta ottagonale e ricca di preziosi affreschi settecenteschi.
L’organo in controfacciata è probabilmente uno tra i più preziosi della Valle d’Andorno, così come il pulpito scolpito è testimonianza dell’abilità delle botteghe locali che nel Sei e Settecento hanno arricchito le chiese biellesi di raffinate sculture lignee.
Testi a cura di Elena Serrani per la nostra rubrica Viaggi d’Autore, maggiori informazioni su Andorno Micca sono disponibili sul sito del comune.
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