Un sabato mattina come tanti, sfogliando le pagine stropicciate di un quotidiano, scopriamo che la giornata seguente avrebbe avuto luogo una camminata nella natura lungo la Via Francigena a Roppolo, alla ricerca delle chiuse longobarde con la guida dei Semi di Serra.
L’appuntamento è per la domenica mattina, il tempo sembra esserci favorevole, e poco dopo le 10 del mattino, orario stabilito per l’incontro, partiamo con i nostri nuovi amici dalla piazza del municipio di Roppolo.
Roppolo, gita nel basso biellese
Roppolo è un piccolo comune del basso biellese che sorge ai piedi del tratto finale della collina morenica della Serra a pochi chilometri di distanza dal Lago di Viverone. Per quanto possa sembrare un luogo sonnolento, ogni volta riesce a stupire per le grandi iniziative di aggregazione che i residenti organizzano.
Finora la ricorrenza più conosciuta del posto riguarda i festeggiamenti per il carnevale, che pare proseguano a suon di pranzi e cene per un mese intero, ma di tanto in tanto si scopre una nuova associazione roppolese, come i Semi di Serra in questo caso, che, unendo gli sforzi di un gruppetto di persone, riesce a mettere in campo iniziative davvero importanti per il territorio.
All’ombra della particolare Torre Campanaria attendiamo la partenza e, già nei primi minuti, la giornata si rivela interessante e ricca di sorprese. Mi riferisco a un aneddoto che ci racconta uno dei nostri nuovi conoscenti, una storia riguardante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.
A quei tempi in paese era in servizio un campanaro cieco, una brava e innocua persona. In occasione di un’incursione dei tedeschi in ispezione nella zona accadde che, visto lo scoccare dell’ora, il campanaro si mettesse a suonare le campane. Ignari del fatto che non potesse vedere, i tedeschi lo fucilarono per timore che stesse lanciando un segnale d’avvertimento ai partigiani nascosti nei dintorni.
Una triste storia che ci ricorda che un tempo, anche tra le verdi colline biellesi, la vita non era così facile e, all’insaputa di tutti, poteva riservare spiacevoli risvolti.
Con Alberto scopriamo la Via Francigena a Roppolo
Iniziamo la nostra camminata attraversando le vie del paese, ci dirigiamo in periferia e facciamo sosta al vecchio Ospitale di Roppolo. La struttura ricettiva un tempo accoglieva i pellegrini in marcia lungo la Via Francigena a Roppolo che passa anche di qua.
Qui ci attende Alberto Conte, uomo d’intelletto impegnato nella mappatura per mezzo di GPS di tutti i sentieri e i cammini d’Italia, con un particolare occhio di riguardo per la Via Francigena.
Alberto collabora anche con Movimento Lento, è un intenditore e conoscitore della storia dei pellegrinaggi che portavano i fedeli da nord a raggiungere Roma a piedi, e ci accoglie nel giardino dell’ospitale che, dopo il restauro, non conserva più gli alloggi per far dormire i viandanti. Tramite le sue capacità oratorie, Alberto, riesce a coinvolgerci facendoci immedesimare nei pellegrini del passato, devoti, timorosi e al tempo stesso pieni di coraggio, viste le innumerevoli minacce che ne ostacolavano il cammino.
Bestie selvatiche, cani feroci e randagi, briganti che si nascondevano lungo le strade in mezzo alla vegetazione, per questo era necessario il ‘bordone‘, un bastone la cui punta rinforzata poteva fungere da arma di difesa personale.
Come anche era indispensabile la ‘scarsella‘, ovvero il fagotto, lo zaino diremmo oggi, in cui il pellegrino ritirava le poche cose da portare con se lungo il cammino.
Alcuni accenni a un bagaglio di conoscenze e racconti che Alberto ci illustra mentre ci spiega che la prima testimonianza dell’esistenza della Via Francigena, la si deve all’arcivescovo Sigerico di Canterbury che, poco prima dell’anno mille, di ritorno dal suo pellegrinaggio romano, prese nota delle 79 tappe in cui aveva sostato lasciando così traccia dei pellegrinaggi medievali.
Ultima nozione, prima della partenza, è quella riguardante i certificati di pellegrinaggio, fogli timbrati che i pellegrini portavano con se come testimonianza della propria identità di pellegrino. Erano documenti da presentare a ogni nuova tappa, ove un addetto ne apponeva il marchio che certificava la sosta raggiunta.
Carlini e Capesante sono distintivi del pellegrino
Alcuni chilometri di strada in mezzo alla vegetazione ci portano in vista del Castello di Roppolo, fortezza che ancora oggi domina il panorama del paese. In corrispondenza di un colle decidiamo di fermarci a consumare il pranzo al sacco.
Alberto, prima di riprendere il cammino, coglie l’occasione per raccontare ai ragazzi alcune abitudini riguardanti i pellegrini, ci parla così della moneta.
In passato infatti gli stati, ma addirittura le regioni, avevano monete differenti, era quindi molto difficoltoso pagare in un paese straniero dal momento che i soldi venivano rifiutati.
Questo problema fu ovviato grazie all’idea di Carlo, sovrano che nel XIII secolo, decise di coniare una moneta. Il Carlino d’argento era accettato anche nei paesi stranieri lungo le vie di pellegrinaggio, per questo i pellegrini ne portavano sempre con se.
Altro segno che distingueva i pellegrini, oltre la bordone, era la capasanta, ovvero un guscio, una conchiglia tipica delle coste occidentali della penisola iberica, che i pellegrini solevano tenere appesa al collo durante il cammino di rientro verso casa come prova di aver raggiunto il santuario di Santiago de Compostela.
È fenomenale quante cose sia possibile imparare durante una passeggiata in campagna lungo la Via Francigena a Roppolo, grazie alla guida di Alberto si è rivelata un ottimo campo d’apprendimento.
Il cammino continua alla scoperta della Chiuse Longobarde.
non conosco la zona ma mao molto la cultura ,rimango incantata davanti a tanta bellezza!io abito ad ischia terra dove vi sono i primi resti grechi!
Sono ormai circa 10 anni he abito sulla Via Francigena di Roppolo, ma solo in eguito ne ho preso coscienza proprio grazie alle indicazioni che sono state affisse qualche anno dopo il mio arrivo.
Con la mia famiglia: io di Torino, mia moglie di Parigi ed un piccolo Roppolese a volte restiamo incantati d osservare la natura e lo charme di questo piccolo villaggio che spero, grazie a queste ed altre iniziative ed alle sue potenzialità, possa un giorno rinascere come un centro di riferimento storico-culturale e perchè no, anche turistico e naturalistico.
Giulio (Art Nouveau).