Torno a parlare di Casentino. Oggi ti porto a visitare l’Eremo di Camaldoli, un borgo isolato sui monti dove si respira la fede. Una terra immersa nel verde dove l’anima incontra la natura e dove, nella storia, molti uomini di fede hanno trovato il proprio contatto con Dio. Ancora oggi alcuni frati vivono qui lontani dal mondo.
Durante il mio soggiorno in Casentino ho scelto come base Casa Santicchio, un agriturismo rifugio immerso nella Foresta Casentinese e dal quale è possibile raggiungere in poco tempo i luoghi più importanti di questa zona, la Vallesanta, sia che si viaggi a piedi oppure in auto.
L’Eremo di Camaldoli, di cui trovi informazioni anche in questo sito, dista circa 40 minuti d’auto da qui. Il percorso è piacevole grazie al panorama che lascia godere varie angolazioni di vista sulla Vallesanta. Inoltre, per i più attenti, è d’obbligo una sosta alla Marmitta dei Giganti, detta anche l’Ombelico del Parco, una particolare cascata che si versa tra le rocce sfumate creando una sorta di mulinello prima di ributtarsi verso valle.
Salendo di quota la foresta cambia attorno a noi. I faggi e gli alberi a foglia caduca lasciano spazio alle conifere, ben più adatte ai climi rigidi invernali. Questo è il regno dell’abete bianco i cui dritti fusti furono fonte di ricchezza per la comunità dei monaci camaldolesi che si insediò attorno all’eremo.
Si parcheggia in un grande piazzale. La prima cosa a colpirci è senza dubbio la Porta Speciosa, una scultura bronzea realizzata da Claudio Parmiggiani che racchiude in se molte simbologie relative al ciclo che lega la vita alla morte, un susseguirsi naturale che si ripete perpetuo durante le epoche della terra.
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Visitare l’Eremo di Camaldoli
Per accedere in visita all’Eremo di Camaldoli è necessario acquistare un biglietto (il cui prezzo non è eccessivo) e unirsi a una visita guidata. Non è più possibile visitare autonomamente il borgo.
La guida ci accompagna all’interno. È da precisare che qui a Camaldoli si trovano sia il monastero che l’eremo e io ho visitato quest’ultimo, dove si trova un piccolo piazzale racchiuso da modesti edifici.
La caratteristica principale di questo borgo è la semplicità che si ritrova nei bassi edifici dai tetti di pietra sui quali svetta solamente la chiesa, caratterizzata da due alte torrette che fiancheggiano la facciata.
Al suo interno le forme sono meno sobrie. Gli intagli e gli affreschi si fanno più appariscenti e in una cappella laterale è possibile vedere un altare in ceramica bianca. Questa caratteristica è distintiva delle opere dei Della Robbia che vissero in questa regione.
Ogni tanto ricorre lo stemma dei camaldolesi, ovvero le due colombe che mangiano in uno stesso posto. Il simbolo rievoca la capacità dei monaci camaldolesi di unire la vita cenobitica, fatta di isolamento e ritiro monastico, con quella comunitaria, che ancora oggi permette ad alcuni pellegrini eremiti di vivere nell’eremo con i monaci.
Il piccolo villaggio dove vivono i camaldolesi è proprio accanto alla chiesa. Purtroppo non è accessibile, un cancello ostruisce il passaggio e ci permette di osservare soltanto quelle viuzze pervase di pace dove solo gli eremiti ammessi nella comunità possono accedere.
San Romualdo e la nascita dell’eremo
Un monaco, conosciuto oggi come San Romualdo, fu colui che trovò nella natura di questo luogo il contatto con la spiritualità e con Dio. Qui decise di stabilirsi e, con i suoi seguaci, diede vita a un monastero. La principale attività di sostentamento era il commercio dei tronchi di abete bianco con le località vicine al mare, dove venivano usati per la costruzione degli alberi dei velieri.
Di fronte alla chiesa, tramite una porta, si accede a un piccolo e semplice giardino sul quale si affaccia la cella dove visse il santo. Rispettosamente è possibile entrare nella cella per capire come vivono e come vivevano i monaci.
La cella, questa una delle più grandi di Camaldoli, è strutturata in tre locali principali. L’ingresso è interamente rivestito in legno, necessario per spezzare e rallentare l’ingresso del freddo in inverno e per isolare l’eremita dalla comunità. Vi è poi una stanza centrale con un giaciglio, un piccolo tavolo e un caminetto (unica fonte di riscaldamento nei periodi più rigidi). Infine si trova la cappella dove Romualdo soleva pregare durante le lunghe giornate di meditazione.
Durante i periodi d’isolamento l’unico contatto con l’esterno avveniva attraverso una feritoia da cui i monaci passavano all’eremita un po’ di cibo per nutrirsi ogni giorno.
Visitare queste stanze lascia una sensazione di profonda devozione, sentimento necessario per poter sopportare determinate e rigide condizioni di vita.
Uscendo dall’eremo è possibile fare una sosta al piccolo negozio che vende articoli realizzati dai monaci. Degni di nota sono le caramelle balsamiche e i liquori, che è possibile degustare e acquistare al bancone. Vi sono inoltre decine di altri prodotti benefici per la salute e souvenirs.
Una visita all’Eremo di Camaldoli ti trasporterà in un’atmosfera di fede e raccoglimento. È un luogo dove la natura ha la voce di Dio e dove i monaci hanno imparato a vivere ascoltandola per usarla a proprio favore.
Questo è solo un altro dei tesori da scoprire nel Casentino, un territorio della Toscana da vivere angolo dopo angolo.
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