Il mio viaggio nel Lazio mi ha portato a scoprire luoghi di cui ignoravo l’esistenza, eppure luoghi meravigliosi situati a poca distanza dalla nostra capitale. Il mio itinerario di viaggio ha così toccato anche la provincia di Rieti, dove ho fatto una tappa per visitare l’Abbazia di Farfa e il piccolo bordo di Fara in Sabina.
Se non sei mai stato nel reatino sappi che è un territorio ammantato dal verde che si insinua tra le alture appenniniche. La pianura che si stende verso Roma si innalza a dolci colline e infine montagne a mano a mano che ci spingiamo più nell’entroterra, ed è qui che si trova l’Abbazia di Santa Maria di Farfa, monastero della congregazione cassinese che prende il nome dall’omonimo fiume che scorre poco distante.
L’abbazia, o il fiume, ha dato il nome anche al piccolo borgo che sorge accanto al complesso religioso e si trova nel territorio del comune di Fara in Sabina.
Storia dell’Abbazia di Farfa
Le origini dell’Abbazia di Farfa hanno radici molto antiche, le sue fondamenta vennero gettate tra il 560 e il 570 d.C. e la sua costruzione si protrasse fino al 913, anno in cui venne completata la chiesa. Quest’abbazia però non è come tutte le altre, era infatti un’abbazia imperiale slegata dal dominio papale, ma comunque molto vicina alla Santa Sede. La sua potenza crebbe inoltre molto quando il passaggio di Carlo Magno (25 dicembre 800) ne comportò l’ampliamento e modifiche strutturali talmente importanti da aver per lungo tempo nascosto l’originaria architettura dell’edificio.
La grande influenza dell’abate crebbe negli anni fino a permettergli di amministrare oltre 300 villaggi, in quest’epoca Farfa divenne uno dei centri più noti dell’epoca medievale, tanto che si narrava addirittura che l’abate facesse ombra al papa.
Al termine dell’impero carolingio il destino dell’Abbazia di Farfa cominciò a declinare, una serie di crisi e rivalità ne portarono lo smembramento delle proprietà e il complesso venne via via dimenticato. Venne inserito nella congregazione cassinese nel 1547 e nei due secoli successivi perse di qualsiasi importanza subendo anche il saccheggio e l’incendio per mano dei saraceni.
Le sue sorti ripresero vita nel 1920 per mano di un gruppo di monaci e nel 1928 l’Abbazia di Farfa venne dichiarata monumento nazionale, e dopo averla visitata non stento a crederne i motivi.
Ovviamente la storia che ti ho raccontato è una sintesi del processo evolutivo dell’abbazia, ma sono luoghi del genere che mi fanno pensare a quanto possa cambiare un territorio nel corso degli anni. E sopratutto come cambiano i popoli e i poteri di un luogo che un tempo fu un fulcro del potere. Puoi trovare maggiori informazioni sul sito internet dell’abbazia.
Visitare l’Abbazia di Farfa
Ai giorni nostri l’abbazia ci appare come un vasto complesso abbracciato dal verde e situato in una zona piuttosto isolata. Scendendo dal parcheggio verso il borgo di Farfa si percepisce ancora la suggestiva atmosfera che le rocce, le vie e le case hanno conservato nonostante il cambiare del mondo.
Durante la visita è possibile apprezzare ciò che resta dell’architettura carolingia, sopratutto nel campanile e alla base del muro perimetrale dove si distinguono le lesene, testimonianze uniche in Italia. La parte alta del campanile è stata, invece, realizzata in periodo successivo, come testimoniano le trifore che ne decorano i livelli più alti.
La chiesa principale del complesso si trova al suo centro ed è un imponente edifico di tipo basilicale caratterizzato da una pianta a croce latina e suddiviso in tre navate ben distinguibili già nella facciata. Camminando verso la soglia si ha proprio la sensazione di trovarsi in un luogo regale e lo stupore aumenta una volta entrati.
L’interno ha mantenuto l’architettura originale, ma è decorato in stile barocco. I grandi colonnati marmorei sormontati da archi a tutto sesto donano slancio e solennità all’ambiente, dove lo stile dorico si fonde con le decorazioni di epoca successiva.
La controfacciata poi è forse l’opera più sensazionale, dipinto sulla parete con pitture a olio si trova il Giudizio Universale realizzato dall’olandese Dirck Barendsz nel 1561, un’opera incredibile che è giunta a noi in uno stato di conservazione pressoché perfetto.
Al fondo della navata si trova l’abside poligonale caratterizzato dai decori e dagli stalli barocchi dei monaci. Al centro dell’abside, l’altare è sormontato da un elaborato ciborio decorato con un bassorilievo raffigurante l’assunzione di Maria.
In una delle cappelle laterali è ospitata un’opera di importanza simbolica, si tratta della prima opera femminista realizzata da Artemisia Gentileschi, figlia dell’omonimo artista.
Il fascino di questo luogo è quindi immenso, personalmente avrei dedicato ore a visitare l’Abbazia di Farfa e a contemplare ogni minimo particolare dei decori della chiesa.
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Il Monastero
La visita prosegue poi alla scoperta del monastero, attualmente quasi interamente ospita il Museo Civile Medievale. Il complesso monastico si sviluppa attorno a un chiostro e nelle sue sale sono custoditi vari cimeli e oggetti di epoca medievale. In questi locali si trova anche la biblioteca statale che ancora oggi è custode di molti volumi e manoscritti molto antichi.
Imperdibile è infine la galleria ospitante le 12 installazioni dell’artista Emanuele Luzzati, rappresentazioni della storia dell’abbazia espresse sia in forma scultorea che in forma pittorica con degli scenari che ricordano lontanamente un ibrido tra un teatro di burattini e una striscia di fumetti.
Infine ti consiglio di dedicare un po’ di tempo al borgo, una passeggiata è un’esperienza piacevole e ti permetterà di scoprire le botteghe e i negozietti artigiani che si affacciano sulle vie ciottolate.
Visitare Fara in Sabina
Una volta terminata la visita del complesso di Farfa può essere un’idea prolungare la visita facendo un salto al centro del comune di Fara in Sabina, un paese le cui origini si ritrovano in numerosi reperti etruschi rinvenuti nella zona.
Questo borgo sorge abbarbicato su un’altura dei Monti Sabini e si presenta tranquillo e silenzioso, al suo centro si erge la chiesa parrocchiale e dalla piazza del sagrato si diramano varie viuzze molto caratteristiche.
Oltre alle vie e al panorama, a Fara in Sabina si trovano alcuni luoghi d’interesse. Tra di essi merita una visita il piccolo museo in cui sono esposti alcuni resti etruschi rinvenuti nel territorio comunale, esso si trova proprio sopra al vecchio forno a legna del paese, luogo in cui oggi si trova una panetteria che sforna deliziose bontà.
Di fronte ad essa si trova il Museo Civico e Archeologico, ospitato in Palazzo Castellani, ma il luogo che senz’altro mi ha colpito di più è stato il Museo del Silenzio.
Poco lontano dalla chiesa si trova infatti il Monastero delle Clarisse Eremite, edificato nel XVII secolo. Al suo interno vive ancora oggi in stato di clausura una comunità numerosa di monache che, ovviamente, non possono avere contatti con l’esterno e non possono parlare tra di loro.
In un locale adiacente il monastero è stato quindi realizzato il Museo del Silenzio, una particolare stanza buia e priva di rumori nella quale si illuminano una alla volta delle nicchie contenenti degli oggetti che caratterizzano la vita monastica accompagnate dal suono che distingue quel particolare oggetto.
Un’esperienza sensoriale e in qualche modo interattiva che ci da modo di capire come deve essere la vita nel monastero scandita solo dal lavoro.
Consiglio di gusto
Prima di lasciare il borgo non puoi rinunciare a una sosta per pranzo, o per cena, al ristornate Antica Bottega, un locale gestito da un giovane chef che nutre una passione per la tradizione e propone un menù molto ricco e legato al territorio.
Lasciati consigliare dall’estro creativo dello chef e dalla sua abilità nell’abbinare gli ottimi vini laziali a queste ricette ispirate al passato.
E tu conoscevi Fara in Sabina? Avevi mai pensato di visitare l’Abbazia di Farfa? Se hai qualche consiglio in più su questo borgo puoi lasciarmi un commento qui sotto, sarò felice di risponderti.
Scopri il mio viaggio nel Lazio alla scoperta dei borghi più belli.
Io e mia moglie abbiamo visitato la provincia di Rieti proprio quest’estate. Ormai abbiamo l’abitudine di pianificare le nostre vacanze visitando borghi di province poco conosciute.
Hai descritto bene l’abbazia, anche se, come da commenti di altri, l’atmosfera che vi si respira non è facilmente descrivibile.
Osservo che non hai fatto cenno alla meravigliosa biblioteca annessa all’abbazia, centinaia di manoscritti sono egregiamente conservati in teche condizionate. Sono rimasto sorpreso ed affascinato di trovarvi l’enciclopedia del Diderot e D’Alambert (ben 19 volumi) che, come è noto, rappresenta un’opera fondamentale dell’illuminismo francese.
Un ringraziamento dobbiamo rivolgerlo alla gentile accompagnatrice che ci ha fatto visitare ed ha descritto in maniera egregia l’intero complesso ed al responsabile del piccolo locale di ricordi annesso all’abbazia, che ci ha fornito chiarimenti per il miglior percorso di visita dei 4 cammini di S. Francesco.
Buongiorno Mario e grazie per questo commento entusiasta. A dire il vero non ho avuto modo di visitare a fondo la biblioteca, ma questo è certamente un motivo per tornare e godere ancora delle atmosfere che l’Abbazia di Farfa riesce a regalare.
Bravo, ben descritto… anche se spesso le parole sono ben poca cosa al confronto delle sensazioni di pace, armonia e sacralità che emana questo luogo storico. Sono contento pure che l’ordine delle Clarisse non debba osservare più il silenzio assoluto altrimenti come potrebbero comunicarci le loro esperienze?
Salve Diego e grazie per il tuo commento. Farfa e Fara in Sabina sono davvero un luogo di pace, come tu dici. Non sapevo che le Clarisse fossero dispensate dal voto del silenzio, durante la mia visita non ne ho viste. 🙂
Grazie per come hai ‘illustrato’ questi splendidi luoghi (ho visitato solo il Monastero e ho conosciuto le meravigliose sorelle Clarisse eremite). Solo una precisazione le Clarisse eremite di oggi non hanno l’obbligo del silenzio che invece avevano originariamente
Ciao Angela e grazie del commento. Sicuramente sapere che le Clarisse non hanno più l’obbligo di vivere segregate è positivo, quindi il Museo del Silenzio è anche una memoria al passato di quest’ordine di monache.
Continua a leggerimi,
Gian Luca