Viaggiare ai giorni nostri in Repubblica Ceca è piuttosto semplice, vi si trova una fitta rete di trasporti pubblici e anche le zone più periferiche sono facilmente raggiungibili. Molte di queste connessioni stradali e ferroviarie arrivano però da un oscuro passato, eredità di grandi conflitti che hanno segnato indelebilmente l’Europa. Lo scopriamo andando a visitare Terezin.
Durante le due guerre mondiali molte zone dell’Europa dell’Est hanno subito il giogo e la sottomissione dei regimi totalitari, tirannie che hanno marchiato profondamente la società e il territorio, realtà funeste che si cerca in ogni modo di dimenticare, ma che è bene ricordare come monito per il futuro, come avvertimento a non commettere ancora gli stessi errori. Terezin è oggi uno dei luoghi della memoria.
Campo di lavoro di Terezin
Elementi evidenti degli orrori della guerra sono i campi di concentramento, disseminati in vari stati europei, e tra di essi i più noti sono Auschwitz e Birkenau in Polonia e Mauthausen in Austria. Ma oltre a questi grandi campi di sterminio è possibile trovare, qua e la, molte altre strutture, di dimensione più ridotta e definite campi di lavoro, anche se fatico a coglierne la differenza. Una di queste è la fortezza di Terezin.
Il piccolo paese di Terezin dista circa 60 Km da Praga ed è facilmente raggiungibile in autobus.
È una località tranquilla e sonnolenta che oggi vede un sostenuto numero di visitatori raggiungerla per visitare la fortezza che sorge appena fuori dai suoi confini.
Di certo arrivando in paese non si resta colpiti dall’allegria, anzi, la popolazione pare essere tutta molto seria e, camminando per le vie, si incrociano sguardi che raccontano di vite difficili che hanno messo a dura prova la sopportazione di queste persone.
Mentre attraversiamo la piazza e percorriamo alcune vie ci rendiamo conto che non si vede un giovane in città, ci sono solamente persone sopra i cinquanta e due o tre bambini in un parco.
Attraversiamo il ponte che scavalca il canale che separa il borgo dall’ex campo di lavoro e rimaniamo pietrificati di fronte al viale alberato che conduce all’ingresso. Alla nostra destra si estende, su di un vasto prato, il cimitero nazionale, un susseguirsi di grige lapidi sovrastate da un’alta croce in legno e da un altrettanto grande Stella di David. Qui giacciono i corpi dei cristiani e degli ebrei che a Terezin persero la vita durante il conflitto.
Percorriamo il viale alberato costeggiando il vasto cimitero e, raggiungendo il pesante cancello, sentiamo il peso delle atrocità avvenute qui dentro materializzarsi sulle nostre spalle. Aver letto e studiato la Prima e la Seconda Guerra, sapere di cosa furono capaci i popoli oppressori e sapere che questo fu uno dei teatri di tali omicidi ci trasmette una sensazione di estremo disagio.
Visitare Terezin, dentro la fortezza
L’accesso alla fortezza, che ha origini ben anteriori alla Grande Guerra, e venne costruita a partire dal 1780 per volere dell’imperatore d’Austria Giuseppe II del Sacro Romano Impero, è un oscuro cunicolo che attraversa le spesse mura e può essere sbarrato per mezzo di due grossi portoni massicci.
Appena varcata la soglia raggiungiamo un grande cortile circondato da verdeggianti giardini ombreggiati da alti alberi le cui chiome hanno gli accesi colori dell’autunno. Tutto intorno si intravedono le finestre e le soglie di graziose abitazioni, erano le case degli ufficiali dell’esercito, coloro che controllavano, gestivano e decidevano della vita e della morte nell’interno del campo.
Oggi al loro interno si trovano uffici amministrativi e tra di essi troviamo la biglietteria. L’ingresso costa 180 CZK (corone), circa 7.10€, ed è un biglietto cumulativo che consente l’ingresso a diverse aree dislocate sia dentro che fuori dal complesso: il Museo del Ghetto, la Caserma Magdeburg, il Forno Crematorio e la Fortezza Minore.
Possiamo in effetti affermare che il campo di concentramento sia costituito dalla Fortezza Minore, tutti gli altri luoghi d’interesse si trovano in quella che è conosciuta come la Fortezza Maggiore, al centro della quale sorge il paese di Terezin.
Ritornando al piazzale interno, appena fuori dalla biglietteria, troviamo una sinistra scultura, una donna legata ed incappucciata che ben rende l’idea della sofferenza e delle umiliazioni subite dai deportati.
È possibile richiedere una guida che spieghi le varie zone della fortezza, altrimenti si può anche effettuare la visita per conto proprio. Le varie sezioni sono indicate e si trovano diversi pannelli esplicativi nel caso non si possa fare affidamento su una buona guida cartacea.
Noi decidiamo di fare conto sulle nostre capacità e devo ammettere che il percorso è davvero semplice e ben segnalato.
Dal cortile alberato si accede all’interno del campo tramite un ingresso ad arco che porta la scritta ‘ARBEIT MACHT FREI‘ (il lavoro rende liberi), atroce motto delle truppe naziste che si può ritrovare in tutte le strutture di questo genere.
Di cortile in cortile gli ambienti sono tutti piuttosto somiglianti, quello che più colpisce sono le condizioni inumane in cui erano costretti a vivere i prigionieri.
Vi sono immense camerate con grandi letti a castello a tre o quattro piani, i giacigli inoltre non sono singoli, ma la dimensione più grande del normale permetteva a due o tre persone di condividere lo stesso spazio.
In tali condizioni dilagavano la sporcizia, le infezioni e le malattie erano all’ordine del giorno.
I gabinetti sono semplici tazze incassate in sedili di legno e poste agli angoli dei dormitori, una o due per stanza. Gli ambienti erano riscaldati da una stufa che, rispetto alla grandezza dei saloni, doveva essere appena sufficiente a stemperare il clima.
Un’immagine agghiacciante, anche se credo più recente rispetto all’edificazione del campo, è l’impronta della scarpina di un bimbo, impressa nel cemento prima che solidificasse, sull’uscio di una cella. I bambini non dovrebbero mai vivere in luoghi del genere.
Nel cortile principale della fortezza, quello per cui tutti dovevano passare per recarsi al ‘lavoro’, i lavori pesanti erano il metodo per nascondere la vera natura dei campi di sterminio, si trova, ancorata ad una parete, l’antico campanaccio che serviva a richiamare i detenuti all’ora del rancio.
In un’altra zona è possibile vedere l’infermeria, i laboratori, altre baracche, celle d’isolamento, l’obitorio. Un susseguirsi di luoghi agghiaccianti, come le docce comuni, da sempre sospettate di essere in realtà camere a gas per lo sterminio di massa.
Ci allontaniamo dalle grate alle finestre per seguire la cinta muraria che, dall’esterno, non sembra tanto imponente.
Lungo il perimetro si può vedere la forca su cui molti detenuti furono giustiziati e, proseguendo oltre, si raggiunge un grande prato in cui furono rinvenute delle fosse comuni contenenti centinaia di cadaveri. Oggi, ignare del passato di questa zona verde, una famigliola di nutrie vive e sguazza lungo le sponde del piccolo canale che qui scorre.
Ultima sezione della visita sono i lunghi cunicoli che corrono al di sotto delle mura e degli edifici, grandi e interminabili gallerie che fanno capire ancora meglio quanto immenso fosse questo luogo di tortura.
Parlando in numeri, circa 144.000 ebrei furono imprigionati qui e di essi 33.000 morirono a causa della fame, delle malattie e di un’epidemia di tifo esantematico.
Circa 88.000 persone vennero deportate verso i campi di sterminio più grandi e, alla fine della guerra, i sopravvissuti erano solamente 17.247.
Parte della fortificazione venne utilizzata, negli ultimi anni della Seconda Guerra, dalla Gestapo come prigione. 90.000 persone furono rinchiuse qui e di esse 2.600 morirono.
Rimasta insediamento militare anche dopo la fine della guerra, Terezin venne abbandonata nel 1996, anno dal quale cerca di rinascere e ritrovare la propria indipendenza.
Vari monumenti, targhe ed epigrafi commemorative sono dislocati in diverse parti della Fortezza Minore, un luogo che trasmette cupe sensazioni e, benchè molto più piccolo dei campi più grandi e conosciuti citati all’inizio del post, ci lascia un’infinita amarezza mentre varchiamo i cancelli in uscita diretti verso il centro abitato.
Visitare Terezin è di certo un’esperienza forte, ma Terezin è anche uno dei luoghi della memoria che deve farci ricordare quanto grande è il valore della vita di ogni singola persona.
E tu hai qualche altro consiglio per visitare Terezin? Se vuoi dire la tua puoi farlo lasciando un commento al fondo di questa pagina.
Bravo, scritto bene.
Grazie mille Tatiana, ci sei stata?
non posso che condividere quanto ha scritto Anonimo riguardo la tua capacità di trasmettere sensazioni ed emozioni in tutti i tuoi post!
ritengo che posti come questi debbano essere visitati per rendersi conto della crudeltà che l’uomo è capace di mettere in atto…
la statua della donna legata ed incappucciata rappresenta al meglio le umiliazioni e il terrore subito da questa povera popolazione
grazie Gian per i post riguardanti questi luoghi perchè oltre alle belle spiagge, ai bei panorami ,ci sono anche luoghi come questi !
Bravo! Complimenti . Riesci a trasmettere emozioni sincere nei tuoi post . Dai racconti allegri a questi luoghi agghiaccianti dei quali è giusto ricordarne l’orrore
Buon lavoro
Grazie mille, è bello sapere di riuscire a trasmettere le proprie sensazioni attraverso le parole e sopratutto fa piacere sapere che mi segui e trovi interessanti i contenuti del mio blog, chiunque tu sia. Continua a restare con noi! 😉
A presto!